La Primula di Palinuro (nome scientifico: Primula palinuri Petagna) è
una pianta appartenente alla famiglia delle Primulaceae, endemica di alcuni tratti delle coste calcaree tirreniche lucane (Campania meridionale e Basilicata) e calabresi.
Essa si presenta come una folta rosetta di foglie carnose, vischiose, coriacee ma non rigide, con margine dentato cartilagineo, in stretta aderenza alla roccia. L'infiorescenza è costituita da numerosi fiori di colore giallo-dorato intenso, dal calice bianco e farinoso, posti alla sommità di uno stelo alto 15–20 cm.
Viene correntemente considerata un paleoendemismo, cioè come un fossile vivente, specie relitta di vicende risalenti almeno al quaternario antico, cioè a circa due milioni e mezzo di anni fa, che ne hanno fatto l'unica primula in ambiente non montano. Probabilmente essa è l'unica superstite di una famiglia di primule,
originariamente estese sulle montagne dell'Italia meridionale, che non riuscirono a sopravvivere
alle numerose glaciazioni del periodo quaternario.
La Primula di Palinuro (nome scientifico: Primula palinuri Petagna) è
una pianta appartenente alla famiglia delle Primulaceae, endemica di alcuni tratti delle coste calcaree tirreniche lucane (Campania meridionale e Basilicata) e calabresi.
Essa si presenta come una folta rosetta di foglie carnose, vischiose, coriacee ma non rigide, con margine dentato cartilagineo, in stretta aderenza alla roccia. L'infiorescenza è costituita da numerosi fiori di colore giallo-dorato intenso, dal calice bianco e farinoso, posti alla sommità di uno stelo alto 15–20 cm.
Viene correntemente considerata un paleoendemismo, cioè come un fossile vivente, specie relitta di vicende risalenti almeno al quaternario antico, cioè a circa due milioni e mezzo di anni fa, che ne hanno fatto l'unica primula in ambiente non montano. Probabilmente essa è l'unica superstite di una famiglia di primule,
originariamente estese sulle montagne dell'Italia meridionale, che non riuscirono a sopravvivere
alle numerose glaciazioni del periodo quaternario.
La Primula di Palinuro è presente in alcune colonie sulle falesie calcaree delle zone litoranee del Tirreno meridionale, a un'altitudine fino a 200 metri, preferendo le pareti esposte a Nord e a Nord-Ovest. Attecchisce sull'orlo di cenge o nelle fenditure della roccia, dove le radici si insinuano profondamente nel terreno di accumulo.
Essa si trova soprattutto sulla fascia costiera campana di Capo Palinuro e degli Infreschi (Marina di Camerota), sulle coste rocciose calabresi presso Scalea, Praia a Mare (isola di Dino) e nell'unica località di Punta Caina sulla costa della Basilicata, presso Maratea. Una delle sue caratteristiche peculiari è quella di fiorire nei
mesi invernali; con l'avanzare della primavera e del caldo essa si rifugia in uno stato di latente estivazione.
Il suo nome deriva comunque dal fatto che le rocce del Capo Palinuro costituivano il suo habitat preferito, prima che l'inquinamento e la scarsa attenzione dell'uomo ne riducessero notevolmente la presenza.
Proprio per la sua fragilità e delicatezza la Primula di Palinuro è specie protetta sia a livello regionale che comunitario.
Un recente studio (2006) svolto in maniera analitica su tutte le stazioni dell'intero areale è giunto ad una revisione dei criteri di classificazione che consente l'assegnazione dell'endemismo alla categoria
Endangered (in pericolo) nella lista rossa compilata
dall'IUCN
(Unione internazionale per la conservazione della natura, con sede a Gland in Svizzera).
La Primula Palinuri è anche il simbolo del
Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.
La Primula di Palinuro è una pianta rarissima e in via di estinzione, risentendo, tra l’altro, molto negativamente della crescente antropizzazione e sviluppo turistico. É tutelata dalla convenzione di Berna, da una legge della Regione Campania del 12 gennaio 1994 e nel 1985 fu oggetto dell’attenzione filatelica delle Poste Italiane che le dedicarono un francobollo nella serie "Flora da salvare" disegnato da Giuseppe Ascari.
La Primula di Palinuro è una pianta rarissima e in via di estinzione, risentendo, tra l’altro, molto negativamente della crescente antropizzazione e sviluppo turistico. É tutelata dalla convenzione di Berna, da una legge della Regione Campania del 12 gennaio 1994 e nel 1985 fu oggetto dell’attenzione filatelica delle Poste Italiane che le dedicarono un francobollo nella serie "Flora da salvare" disegnato da Giuseppe Ascari.
Questa Primula è una pianta perenne, endemica della costa tirrenica dell’antica Lucania, alta circa venti centimetri, dal fusto legnoso. Le foglie sono carnose, obovate-spatolate con peli bianchi ai margini. farinose di sotto, acutamente e inegualmente dentate. I petali sono odorosi, di un intenso colore giallo e formano una corolla infundibuliforme a lacinie con margini ripiegati in dentro, il calice è bianco e campanulato.
La Primula di Palinuro fiorisce precocemente in gennaio e febbraio, presenta elevata fertilità e, secondo la maggior parte degli studiosi, le fessure delle rupi calcaree ruiniformi sino a 300 m. sul livello del mare costituirebbero l’ambiente prediletto per la sua vegetazione; forma degli aggruppamenti piuttosto folti, anche se non molto estesi, vivendo sempre in colonie.
L’area della sua maggiore diffusione è rappresentata dal versante occidentale di Capo Palinuro, nel 1971 il prof. Ricciardi, in una ricognizione da Palinuro a Diamante, ne scoprì nuove sparute stazioni vegetative sul monte Sant’Antonio, a sud del fiume Mingardo, Marina di Camerota, pareti costiere presso la grotta dell’Inferno a Scario, Punta Caina a Maratea, sull’isola Dino e Fiuzzi a Praia a mare.
L’insediamento a Punta Caina dista circa otto chilometri in linea d’aria dalle stazioni più vicine (Fiuzzi-isola Dino) ed è localizzato sull’unico affioramento di dolomie triassiche in questa parte del litorale, fatto che sembra confermare l’univoca preferenza nei confronti dell’età del substrato ed anche il fatto che Primula Palinuri Petagna un tempo sia stata molto diffusa.
Nella prima metà dell’ottocento detta primula veniva largamente coltivata e commercializzata nella reggia di Caserta, oggi viene coltivata nel giardino botanico di Hamburry, negli orti botanici di Padova, Parma, Bologna, Napoli, Portici, Cosenza e nel giardino alpino di Pietra Corva.
Questa ormai rara espressione fioristica endogena è stata particolarmente studiata, nel corso di un progetto rivolto allo studio e alla tutela della flora locale, nello scorso anno scolastico, dalla prima media sez. B di Maratea, avente come referente la Prof. Maria Rosaria De Nicola. Gli alunni, nella loro ricerca, hanno potuto usufruire anche dell’assistenza del Dipartimento di Biologia Vegetale dell’Università degli Studi Federico II° di Napoli.
Questo gioiello della natura, che sfidando i secoli, troviamo ora nelle sue espressioni residuali nei nostri luoghi, grazie a tale ricerca, è diventato, per tanti giovani, il simbolo di un impegno costante per la difesa ambientale delle nostre aree costiere. Che sia da stimolo, anche per gli adulti, per un più rispettoso e corretto rapporto di tutti con la natura. E’ questo l’augurio che tutti ci facciamo.