Un giorno udii una giovane madre di famiglia, che diceva ad una sua amica: «Io in certe cose ci credo. Per me, l'Ordinazione di questo sacerdote originario di Centola ci ha portato finalmente una vera Benedizione». Non origliavo, ero lì per caso e posi naturalmente attenzione a quelle parole. Ovviamente non potei che essere d'accordo con quanto sosteneva quella giovane signora. Immaginai di rivolgermi alla comunità unita in Assemblea, come quando ero interno da seminarista, per riferire quell'affermazione ricordando a quanti avevano ripetuto più volte, nel passato, in seguito a tanti eventi negativi vissuti in questa nostra cittadina, l'espressione "maledizione". Inoltre finalmente è chiaro a tutti che il sacerdote lo fa Dio tramite i suoi Ministri Ordinari e Presbiterali. È Dio che fa il Sacerdote! Il motivo del perchè di questa locuzione? È dovuto a un'altra frase a me diretta per anni. Paesani, amici, compari, professionisti e non, la frase era sempre la stessa: «Ma perchè non ti fai prete?». Qualche volta tentavo di dire che occorre la "Chiamata", altre volte cercavo di far filtrare la nobile frase evangelica: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta,... larga è la via della perdizione... molti sono i chamati, ma pochi gli eletti", altre volte mi rendevo conto della faticosità con cui occorreva adoperarsi nel promulgare queste cose, in special modo quando pensavo alle inopportune ed insipienti fattucchiere, che dietro le quinte non si fanno sfuggire mai l'occasione per rafforzare la locuzione: "So' chiacchier' chesse". Oggi dopo SETTANT'ANNI circa godiamo di un'ordinazione sacerdotale. Un giovane frate dell'ordine di Betania, da Centola da parte materna, è divenuto sacerdote. Settant'anni or sono un altro giovane, anche questo centolese da parte di madre di Centola, veniva ordinato sacerdote, Don Giovanni Cammarano. Le caratterististiche che accomunano le due ordinazioni, entrambe amministrate a due giovani di Centola, ne sottolineano la provenienza materna. Sembra che Iddio voglia farci capire quanta volontà c'è da parte Sua di venirci incontro, ma anche quanta poca voglia di migliorare ci sia stata da parte nostra per accoglierlo. Ora tutti noi sappiamo con certezza che è Dio che fa i sacerdoti. Noi possiamo andare in Seminario, possiamo studiare, possiamo porci in ascolto, ma chi apre e trasforma il cuore è sempre Lui. Ciò non deve porci in uno stato di agiata pigrizia mentale dicendo: "Tanto è Dio che fa tutto". Da parte nostra deve essere sempre viva l'attenzione e la tensione verso Dio Padre, Gesù Cristo suo figlio, lo Spirito Santo Amore e la Vergine Santa Ausiliatrice. Possiamo essere almeno dei buoni cristiani, pronti ad accompagnare questi giovani seminaristi e religiosi sino all'aeroporto della loro meta, pronti a rimanere noi, nel nostro ruolo di fedeli cristiani, pur immaginando il volo che questi giovani spiccheranno con l'aereo del loro sacerdozio.
L'Apnea.
Un allenamento che Iddio ci dona venendoci in soccorso, è l'esercizio simile a quello che fanno i subaquei quanno vanno in "apnea". Alcuni dicono: "Bisogna fare molti sforzi per rimanere a galla in questa società". Una società, se è sana, nel suo interno, non ha problemi a creare reciprocità tra i i suoi componenti. Ma se la società è malata, allora occorre che sorgano centri di controllo e timorosi uffici professionali nel campo sociologico. In tutto questo non è sempre chiaro a tutti, che invece occorre vedere la società come l'acqua del mare, dove vi è ricchezza di vera vita e bellezza. Dunque, fare sforzi per stare a galla con l'aiuto delle sole proprie forze rischiando di annegare, oppure accogliere l'aiuto da Dio il quale ci insegna a saper stare in apnea senza però perdere di vista il presente della propria esistenza?
«Disprezzato e reietto che ben conosce il patire» (Is 52,13 – 53,12). Non far sì che chi ti sta accanto venga schernito, perchè credi che quella Cristiana venga interpretata quale Carità che non comprenda l'amore totale. L'amore che Dio desidera è l'amore donato a Lui e alla persone che incontriamo sul nostro cammino. In special modo a quello che ci chiedono d'amarli. Altrimenti li esponiamo al ridicolo e al ludibrio. Certo cosa, quest'ultima, contro la vera carità cristica. Cristo non rinnega se stesso in nessun apice di ciò che ha detto.
Nicola Lamassa