È un termine abusato, il termine “unione”. Spesso. Troppo. Lo sentiamo urlare dall’alto delle poltrone di Montecitorio, da palcoscenici, radio, reti televisive, social network, dai massimi esponenti politici nazionali, locali e da ogni singolo cittadino che si dichiara profeta in patria.
Non voglia questa essere una critica volta a sminuire o distruggere le idee degli altri, ma solo un’osservazione personale che possa far riflettere tutti sul come, quando e perché scegliamo di unirci per poi frammentarci.
Quando si ricorre all’unione? – Quando esiste un soggetto, ideatore di un progetto, che vuol trasformaree la grande idea in un prodotto fruibile materialmente, attraverso l’operato di più persone.
Come si individuano i soggetti destinatari di un’unione? – Attraverso la scelta, da parte dell’ideatore, dei collaboratori destinatari dell’idea, capaci di trasformare quest’ultima, in prodotto fruibile.
Perché si ricorre all’unione con gli altri? – Perché unire più capacità, dà la possibilità di meglio valutare le potenzialità del progetto che si vuol creare prima, e di renderlo concreto poi.
Messa così sembra che tutto funzioni alla perfezione, perché guardando dall’alto verso il basso e viceversa, il quando, il come e il perché, si ha la sensazione di una piramide gerarchica.
E così dovrebbe essere.
Elencherò alcuni esempi di unione.
Es. 1) L’idea di unione del territorio sotto il profilo turistico:
è data dalla partecipazione attiva dei soggetti degli enti pubblici con la partecipazione attiva dei soggetti privati che operano nel settore.
Es. 2) L’idea di unione di più associazioni:
è data dall’unione di più associazioni di un territorio, che lavorano insieme e convergono tutte verso uno stesso obbiettivo.
Es. 3) L’idea di unione tra persone:
è data da un sentimento corrisposto, tra individui che decidono di vivere insieme le esperienze che la vita presenta.
Ma…. è davvero cosi? È così che operiamo? È così che siamo? Siamo coerenti con le nostre scelte? E cosa rispondiamo alle nostre coscienze? Siamo in pace verso gli altri, verso ciò che ci circonda?
Ho dato un titolo a questo articolo: QUANDO, COME E PERCHÉ L’“UNIONE” DIVENTA “FRAMMENTAZIONE”?
Mi rendo conto di aver elencato solo il quando, il come e il perché del bisogno di “unione”. Non sono stata fedele al titolo e di questo chiedo scusa al lettore.
Mi rendo conto di aver fatto una scelta. Quella dell’unione, della coerenza e del rispetto delle idee che portino alla collaborazione, sempre, delle cose che ho scelto, di quelle che sceglierò, per rispondere serenamente alla mia coscienza e agli altri.
Il quando, il come e il perché, l’unione diventa frammentazione, lo lascio descrivere a chi crede di esserne capace, con l’arroganza e l’egocentrismo di chi immagina di avere una risposta per tutto, quando probabilmente la vera chiave per rivoluzionare noi stessi è predisporci positivamente all’idea di unione senza frammentazione, con un ascolto sincero e libero da ogni pregiudizio.
Pina Esposito