LETTERA

Il mio ricordo di Centola è legato ad un periodo felice della mia esistenza.
Rivedendo i suoi vicoli che custodiscono ancora le grida di noi fanciulli; la piazza, oggi diversa, che ha visto le nostre scorrerie; le vecchie case del Rosario o della Serra, palcoscenici dei nostri pomeriggi estivi; il mare che dal Padreterno si allarga ad abbracciare l’orizzonte; le giornate estive trascorse tra la Ficocella, la Marinella e le Saline a divertirci tra tuffi e gaffes di fronte a ragazzine che, chiuse dietro la loro finta indifferenza, ridevano dei nostri goffi approcci, non posso che rimanere estasiato dell’angolo di paradiso nel quale ho avuto la fortuna di nascere e di trascorrere la mia infanzia e parte della mia giovinezza. Fu contrastante, per me, il sentimento provato quando, per motivi di “sopravvivenza”, ho dovuto abbandonare questi luoghi: da una parte, le possibilità lavorative e la prospettiva di una vita economicamente più agiata, dall’altra, la tristezza di lasciare un pezzo di cuore in questo luogo, con la consapevolezza di chiudere un capitolo importante della mia esistenza, un periodo di spensieratezza che non avrei più vissuto.
Una serie di combinazioni favorevoli e, forse, anche la mia testardaggine di non arrendermi mi hanno permesso di avere una vita migliore, almeno dal punto di vista economico ma, ogni qualvolta mi è possibile, torno a Centola, per respirare quella serenità che non sono più riuscito a trovare altrove.
In una delle mie “fughe estive” mi sono imbattuto in una discussione con dei turisti che si lamentavano dell’inefficienza dei servizi a Palinuro: della mancanza dei trasporti; del problema dei rifiuti e dei parcheggi mal gestiti; della situazione della spiaggia del porto o di quella delle Saline, ormai riservate a troppi lidi; delle strade interne, piene di buche; del modo di fare turismo a Palinuro, con operatori che sembrano infastiditi dalla presenza dei villeggianti. Io ho cercato di difendere Palinuro come ho potuto. Rammaricato, per la delusione che leggevo sui loro volti, per mostrare il nostro senso di ospitalità ai signori, li invito a prendere un caffè. Ci sediamo ad un tavolino e, dopo un buon quarto d’ora, un signore viene a prendere l’ordinazione: senza nemmeno guardarci o farci un sorriso, né tantomeno scusarsi per la lunga attesa. Dopo il caffè, ho salutato gli ospiti, e, desideroso di farmi un bagno, sono andato al porto. Ho dovuto cambiare idea: la spiaggia era quasi interamente occupata da lidi e la stretta striscia di spiaggia libera era iperaffollata. Decido di andare alle Saline. Trovo un fortuito parcheggio, vado al parchimetro: fuori servizio. Decido, comunque di restare. Mi faccio un meraviglioso bagno nel mio limpido mare. Tornato alla macchina, una multa è in bella vista sul cruscotto. Mi giro intorno ma non vedo vigili. Poi, vengo a sapere che i parcheggi sono gestiti da una società che fa lavorare ragazzi del posto che girano sullo scooter per vendere i biglietti. Salendo verso Centola, do un passaggio ad una signora, infastidita dal fatto che i pochi pullman che vi sono raramente rispettano l’orario. La sera, vado a mangiare qualcosa a Palinuro, con degli amici. Al ristorante, il proprietario si avvicina a prendere l’ordinazione e, nella sua familiarità, tra una chiacchiera e l’altra, non disdegna di farsi una “grattatina” sulla pancia, da sotto la maglietta che, di taglia più piccola, lascia intravedere la sua preminenza addominale. Al rientro a Centola, trovo sacchetti dell’immondizia all’angolo della Chiesa S. Nicola di Mira e in mezzo ad alcuni vicoli del centro storico, lacerati, probabilmente, da qualche gatto o cane randagio.
Guardo lo scenario, sento un lontano grido di allegro fanciullo riecheggiare tra i vicoli, ma va subito via. Sposto con un piede quei sacchetti in un angolo, e con il cuore pesante mi avvio a casa mia.
Ho deciso: domani, andrò a farmi un bagno alla Marinella!
Un centolese nel cuore

Comprendo sia il tuo amore per la nostra terra sia il tuo stato d’animo di fronte a ciò che ritrovi in ogni tua “fuga” e che offende il tuo sentimento; e, del resto, credo che lo comprenda la maggior parte di coloro che vivono su questo territorio. La fotografia che hai scattato della nostra realtà è talmente chiara che mi limiterò a risponderti con una breve riflessione.
La nostra terra è di una bellezza da togliere il fiato, ma come ogni cosa, per poter rimanere tale, ha bisogno di essere curata e perché questo accada c’è bisogno che ogni azione sia guidata dall’amore.
Il più delle volte questo non accade: dietro la maggior parte delle scelte politiche ci sono compromessi derivanti da motivi individualistici o da accordi di partito, da scelte dettate dalla necessità di mantenere salda la rete clientelare, serbatoio di voti.
Ma la colpa non va trovata solo in chi amministra (dopo tutto siamo noi a votare chi ci dovrebbe rappresentare!).
Manca, ci manca, il senso civico di cittadini, ci manca la mentalità del lavorare insieme, ci manca la consapevolezza dell’appartenenza ad una sola comunità. Noi siamo quelli che: la mia idea è sempre migliore della tua; quelli che non sentono la necessità di imparare, né di migliorare; quelli che non hanno bisogno dell’altro. Così, siamo arrivati a non aver bisogno nemmeno delle regole che sono indispensabili per vivere accanto all’altro. Ma una società che decide di vivere senza regole è il fallimento della società.
L’unica speranza è che la popolazione presto si svegli e comprenda che è ancora possibile cambiare direzione; è ancora possibile salvare la nostra terra, agendo uniti verso l’unico obiettivo: il bene comune.

Maria Rosaria

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