CILENTO: LÀ DOVE CRISTO NON VOLLE PROSEGUIRE

di Mauro Leoni

“Deve scattare la consapevolezza che il Cilento è una zona della Campania tutta da scoprire” era la dichiarazione che il Dott. Amilcare Troiano, Presidente del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, rilasciava alla giornalista Barbara Ruggiero nel giugno del 2012.
In quell’intervista il Dott. Troiano parlava di eccellenze del Cilento, dell’importanza di valorizzare uno dei territori più affascinanti che la natura ci ha offerto, di incrementi turistici e valorizzazione dei prodotti tipici, di prospettive e programmi.
Da quando alcune iniziative turistiche hanno fatto capolino nel Cilento, e parliamo del periodo degli anni sessanta-settanta, sulle sue risorse ambientali, naturali, turistiche, sociali e culturali si sono scritti fiumi di parole, sono stati fatti chilometri di discorsi, si sono vendute migliaia di promesse e si sono scambiate decine e decine di poltrone, ma il vento, che a volte accarezza ed a volte spazza con violenza le sue coste e le sue montagne, ha lasciato nel Cilento solo briciole, poche, fetide e fastidiose.
Non si nega che alcune sporadiche iniziative o taluni prodotti tipici abbiano proiettato una località o un prodotto cilentano verso nuovi scenari, ma rimangono isole felici in un contesto che meriterebbe altre attenzioni, altri impegni e maggiori interessi, poiché è evidente che il Cilento, nonostante le tante promesse, è rimasto piuttosto lontano da quell’eccellenza che vedeva il Presidente Troiano. Sono ancora tanti, forse troppi, i ritardi o le incompiute che affliggono questo splendido territorio e sono ancora molte le attese di questa gente paziente, ma non tonta.
Il Cilento ed i cilentani custodiscono ricchezze di carattere culturale, naturale, ambientale e sociale che meriterebbero molto di più di quello che fino ad ora è stato loro elargito, e quel poco, anzi pochissimo, è stato centellinato più per brama di poltrone o tornaconto personale che per un reale interesse sia della gente che del territorio.
Con l’istituzione del Parco Nazionale del Cilento, in tanti credettero che in tempi ragionevoli si potesse raggiungere un buon livello di sviluppo, in particolar modo quello turistico, attraverso una reale e concreta valorizzazione del territorio, delle sue risorse e delle sue bellezze, migliorando e costruendo strade, infrastrutture, incentivando iniziative, programmi, progetti. Ma dopo tutti questi anni, i cilentani hanno assistito più a bizzarrie politiche che alla realizzazione di progetti validi, utili ed innovativi, mentre tra un’imprecazione ed un’inchiesta, sono costretti ad annotare sprechi, dimenticanze, difficoltà a realizzare programmi concreti. In tal modo si allontanano gli obbiettivi per poter raggiungere quei livelli ottimali che avrebbero potuto far fare il salto di qualità.
Le latitanze delle strutture pubbliche come la Provincia e la Regione inoltre, hanno accentuato un degrado avvilente, non solo sul territorio ma di tutta quella filiera di iniziative pratiche, lavorative, tecniche e legislative in grado di amalgamare e facilitare uno sviluppo armonico, funzionale e razionale del Cilento, spesso troppi interessi di soggetti incompetenti e senza scrupoli hanno fatto danni purtroppo irreparabili.
Errori, dimenticanze ed iniziative, che continuano a penalizzare il Cilento e la sua gente, scoraggiano le iniziative private ed allontanano investimenti per lo sviluppo e la valorizzazione delle risorse.
Come non si può riflettere sulla superstrada che collega Agropoli con Sapri, un’arteria nata male e finita peggio. Quando si parlò per le prime volte di quella che doveva essere una risorsa indispensabile per le nostre fasce costiere, in alternativa all’autostrada che cingeva il lato nord-nord-est del nostro territorio, in più circostanze si vociferò che il suo percorso avrebbe dovuto valorizzare la fascia costiera, offrire splendidi panorami ed immagini di riflessi marini, toccando i territori comunali di Castellabate, San Mauro Cilento, Casalvelino, Ascea, Pisciotta, San Mauro la Bruca, Centola, Camerota, San Giovanni a Piro per scendere infine verso Policastro.
Forse, per uno strano gioco dei bussolotti e per quella funesta svista del destino che costrinse Cristo a fermarsi ad Eboli, a suo tempo, è andato smarrito il cero votivo che avrebbe dovuto sintonizzarci con alcuni Santi in Paradiso ed il percorso assunse traiettorie diverse, facendo scomparire i riflessi marini, gli incantevoli panorami, le speranze e le prospettive di uno sviluppo concreto della fascia costiera, e poiché a volte s’ c’azzecca, forse a vantaggio di qualcuno o di qualcosa.
A prescindere dalla vergognosa storia dei pilastri della “Cilentana” nel tratto tra Agropoli e Rutino, basta percorrere una qualunque strada del nostro Cilento, per rendersi conto che è un susseguirsi di frane e smottamenti, di avvallamenti e cartellonistica di pericolo, di muri di contenimento ondulati a fisarmonica e tratti di sede stradale invasi da terra e pietrame durante le piogge e che rimangono per settimane e nessuno pulisce, cunette ricolme di vegetazione ed erbacce, cartelli e segnali stradali illeggibili, logori o mancanti, che anziché aiutare l’utente lo confondono. E se a volte le popolazioni locali, in un incrocio privo di segnaletica, per esperienza sanno quale diramazione imboccare, un forestiero rischia di girare un’intera nottata per raggiungere un agriturismo che distava poche centinaia di metri da quel maledetto crocevia senza segnaletica, come è capitato ad alcuni amici svedesi.
Ma non va meglio per il mare, una risorsa inestimabile per la nostra fascia costiera che si estende per oltre 90 chilometri, dove ogni estate si assiste alla distruzione di qualche arenile con ruspe per concedere stabilimenti balneari, o dove i fondali marini sono letteralmente arati dalle ancore delle barche durante l’affollamento estivo, mentre le grotte, immensa e meravigliosa risorsa specialmente di Capo Palinuro, esposte agli scarichi dei motori delle barche che vi entrano senza alcun rispetto e nessuna precauzione, senza ignorare inoltre alcune realtà di sistemi fognari con le quattro frecce, in perenne stato di messa in funzione o inesistenti e scarichi abusivi.
Al Cilento è mancato quello scatto di orgoglio in grado di costruire scenari nuovi, probabilmente perché le scelte politiche ed amministrative non sono state all’altezza di dare il giusto assetto istituzionale locale: basti ricordare le problematiche connesse con gli ospedali di Agropoli e Vallo della Lucania. Ed Oliveto Citra ed Eboli non se la passano meglio, mentre la malavita trova terreni molto fertili per penetrare nei tessuti sociali e locali del nostro territorio.
La “perfetta integrazione di arte, cultura, natura ed uomo”, a cui accennava il Presidente in quell’intervista, purtroppo non si è vista e non si è notato neppure quell’equilibrio di sviluppo che dovrebbe tener conto non solo delle bizzarrie politiche o degli interessi di qualcuno, ma della necessità di creare quell’interazione tra arte, cultura, natura ed uomo attraverso l’efficienza, la qualità, la volontà e le modernità. E parliamo di network, parliamo di trasporti e collegamenti, parliamo di reti d’impresa, parliamo di efficienza, ma non per qualcuno sì e per altri forse, parliamo del Cilento e della sua gente, parliamo di tutti.
La recente nomina del Dott. Tommaso Pellegrino a presidente del Parco è stata accolta favorevolmente da parte di alcune forze politiche. Al Cilento però non servono più le belle parole; anzi, se ne sono dette e scritte tante, che forse neppure le potenti raffiche di vento che spazza i litorali e le gole del Cilento, riusciranno a dissiparle.
Servono fatti, interventi concreti per ridurre le difficoltà causate da troppa incuria e complici silenzi.


Mauro Leoni