IL CORTILE DEI GENTILI

di Maria Rosaria Lo Schiavo

Cara Maria Rosaria,
ho deciso di scriverti perché so che ami viaggiare e che tra poco volerai lontano per l’ennesima avventura in terra straniera.
Oggi riflettevo, mentre una coltre grigia avvolgeva tutto ciò che incontrava e grosse gocce d’acqua mi arrivavano ghiacciate sul capo.
Che cos’è un viaggio? Un viaggio è recarsi in un luogo e conoscerlo; impari a muoverti tra le vie di quel luogo, ti lasci coinvolgere dagli usi e dalla cultura, dai profumi, dalle tradizioni. E a volte ne resti incantato e vorrai ritornarci, altre, invece, torni deluso e non ci tornerai più, perché le tue aspettative erano altre, più alte, o semplicemente… diverse.
Ma un viaggio è anche attraversarsi dentro. E se lo fai lungo il cammino della vita è meraviglioso, ti regala la serenità. In alcuni frangenti, quando sei costretto, davanti ad un bivio, immagino un viaggio su un doppio binario: Attraversarsi dentro per mezzo di un viaggio in terre che non conosci.
Perché scegliamo di fare un viaggio? Credo che a volte possa essere l’alternativa, altre la voglia di evadere, altre ancora, forse, semplice istinto di sopravvivenza umana.
Il viaggio coinvolge sempre due tipi di protagonisti: colui che parte e coloro che restano.
L’immagine che ho davanti è pressappoco questa: troverai in chi parte l’euforia, la curiosità e il timore di chi non sa dove quest’avventura lo porterà. A volte, non sempre, scorgerai in chi resta un dolore sordo, il dolore di chi, nonostante tutto, vorrebbe trattenerti.
Cosa me lo fa pensare? L’immagine di un piede che schiaccia su un acceleratore lungo la strada del ritorno, senza di te, di quel silenzio che pesa, parla.
E lì senti lo strappo. Respiri profondo, un groppo alla gola, guardi in alto e speri che quella lacrima che sale non t’inganni.
Ingoia, respira. Vai.
Ogni viaggio è necessario.
Ricordo i versi di una poetessa che ho sempre amato: ” A volte, si va via per riflettere, a volte, si va via perché si è riflettuto” [A. M.].
Alla fine, quindi, non importa quale sia la meta che sceglieremo e non importa quanto ci resteremo.
L’importante è che alla fine di ogni nostro viaggio, ognuno si sia regalato qualcosa di vero.
Un caro abbraccio.
LA SPERANZA

Cara Speranza,
grazie, per avermi voluto fare partecipe di questa tua riflessione. Nelle tue parole ho letto una grande voglia di evadere, non solo dai limiti geografici di un luogo che, probabilmente, a volte senti troppo piccolo e soffocante, ma anche e soprattutto da un sentire interiore che, evidentemente, in questo periodo, ti sta “costringendo” a fare un viaggio ben più difficile e doloroso: quello dentro te stessa. L’essere umano, per la sua capacità di pensiero, si “scontra”, durante la sua esistenza, con le fondamentali domande di senso: Cosa è la vita? Perché morire? Qual è il significato del dolore? Cosa è il bene? Perché esiste il male?
Quando ci si pone queste domande da giovani e si ha anche la capacità di trovare delle risposte, anche se non esaustive, io credo che si affronti con molta più serenità e determinazione la propria esistenza e le variegate esperienze che essa racchiude. Quando si lasciano in sospeso le domande di senso, o quando si preferisce non porsele, è come se vivessimo con un senso di “incompiutezza” che ci portiamo dentro. È come se qualsiasi cosa che facciamo, qualsiasi meta che raggiungiamo non ci appaghi mai appieno perché resta sempre, consapevolmente o inconsapevolmente, un ma…, un qualcosa che non riusciamo a definire, a capire, ad affrontare. Nella società in cui viviamo, purtroppo, è sempre più difficile trovare queste risposte perché la vita ci costringe a correre, ad andare sempre avanti, a raggiungere una meta e poi subito un’altra, e così… non abbiamo tempo!
Sono convinta che, oggi più che mai, la qualità della vita dipenda dalla nostra capacità di trovare il tempo, il tempo che ci permetta di fermarci e riflettere; il tempo che ci dia la possibilità di “viaggiare” dentro noi stessi per capirci, conoscerci, scoprirci. Sono convinta che tanti si stupirebbero di trovare dentro di sé meraviglie che non sapevano di avere.
Solo se siamo “ritornati” dal viaggio da noi stessi, saremo in grado di apprezzare con sincerità il viaggio in paesi diversi, perché saremo più disposti al vero confronto; solo se siamo “ritornati” dal viaggio da noi stessi, saremo soprattutto più capaci di andare incontro all’altro (solo quando so chi sono io riesco a confrontarmi con chi è diverso da me, a capire e ad accettare la differenza), perché la consapevolezza di ciò che siamo ci permetterà di stabilire dei rapporti autentici.
Auguri, cara Speranza, per i viaggi che deciderai di fare, per quelli fuori di te e, soprattutto, per quelli dentro di te.
Maria Rosaria