Cara Maria Rosaria,
Auguri per la nuova rubrica e grazie, per aver dato a tutti, con questo spazio, la possibilità di esprimere un proprio pensiero.
Ti ho scritto per confrontarmi con te su una riflessione che ho fatto.
Dopo l’attentato a Charlie Hebdo, in Francia, vari e talvolta contrastanti sono stati i commenti che ho ascoltato e letto sull’accaduto. Nella maggior parte dei casi, la frase più ricorrente è stata: “L’attentato è da considerare un grave attacco alla libertà”.
Personalmente, reputo l’attentato del tutto ingiustificabile ed ingiustificato. Uccidere per difendere sia pur la propria religione è il contrario di ogni religione; è dissacrare la religione, qualunque essa sia.
Ma vorrei spostare l’attenzione della mia riflessione sull’altro versante: è giusto fare qualunque cosa in nome della libertà? La libertà è davvero fare e dire tutto ciò che si pensa? O bisognerebbe tenere sempre presente che in una società non vive solo il mio pensiero, ma anche quello degli altri che può essere diverso dal mio? Secondo me, libertà è, prima di tutto, rispetto dell’altro che mi vive accanto e ciò significa che io non ho nessun diritto di offendere il suo credo. La fede non dipende da un comportamento o da un’azione che può ledere qualcuno, ma si basa su un sentimento, su valori che si trasformano in fondamenta della propria esistenza. Questo sentire interiore è talmente personale che non può essere messo in discussione da nessuno, e tanto meno deriso. Forse, la nostra società ha male interpretato il concetto di libertà e di democrazia; forse, quello che manca alla base della libertà che tutti oggi difendiamo a denti stretti è solo una sana educazione civica, che prima di far autoconsiderare l’uomo un “cittadino”, lo faccia autoconsiderare un “essere umano”.
Lettera firmata
Caro lettore/lettrice,
grazie, a te per aver voluto condividere con me questa tua riflessione che reputo altamente importante ed attuale.Non è un argomento facile trattare della libertà perché non è facile porre dei limiti ad un concetto, che, per sua natura, resta soggetto a considerazioni personali, più o meno “allargate”. L’attentato di Al-Qaeda alla sede della rivista satirica Charlie Hebdo, del gennaio 2015, è certamente uno dei più gravi attacchi sferrati alla società occidentale e resta senza nessun dubbio da condannare ed esecrare.La considerazione che tu fai ci pone la domanda: che cosa è la libertà in una società civile?I sociologi ci hanno insegnato che l’essere umano è un “essere sociale”, cioè nasce, cresce e si forma all’interno di una società, fatta di altri esseri simili. E all’interno di una società ci sono, irrimediabilmente, delle regole da rispettare, altrimenti si rischia l’anarchia o l’anomia (assenza di norme). Ecco che allora subentra il diritto, che va a regolare i rapporti tra i cittadini di uno Stato. Il nostro diritto, ispirandosi ad una norma del Diritto Romano, ci insegna che ‘la libertà di ognuno finisce là dove inizia la libertà dell’altro’, un principio questo che resta alla base di tutte le società democratiche, di ogni Stato garantista, che difende, cioè, i diritti dei cittadini dagli abusi che da altri potrebbero essere commessi. La Costituzione Italiana sancisce all’art. 21: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. All’ultimo comma aggiunge: “Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni”. Quindi, la libertà di pensiero è un diritto costituzionalmente sancito e tutelato. Ma cosa dobbiamo intendere per buon costume? Il mio modo di manifestare la mia libertà, involontariamente, potrebbe ledere il tuo buon costume e viceversa. Quando c’è di mezzo un pensiero, un ideale, un valore, una fede come può il diritto imporre dei limiti chiari e precisi? Qui, secondo me, deve entrare in gioco l’unica cosa che può far comprendere se un comportamento debba o non debba essere tenuto: capire se esso è rispettoso della mia e dell’altrui dignità. Può offendere in modo denigratorio l’altro? Tocca la sfera intima e valoriale dell’altro? La risposta basata sulla sincerità e l’onestà di ognuno (che restano comunque valori personali, con parametri altamente soggettivi!), porterà ad agire di conseguenza. La società nella quale viviamo ci ha disabituati a porci domande e se ce le poniamo siamo abituati a risponderci immediatamente, senza “perdere” tempo per una riflessione che inevitabilmente richiederebbe più tempo e, spesso, più sofferenza. Anch’io, come te, ritengo che uccidere in nome di Dio sia l’anti-religione (e questo, purtroppo, non riguarda solo l’Islam) e nello stesso tempo ritengo che nessuno possa prendere in giro un valore fondamentale, anche in nome della libertà, perché quando l’uomo agisce in nome di un ideale, ma senza porsi nessun limite, rischia di cadere nell’estremismo, che significa annientamento dei valori. Ogni religione, che ha alla base la difesa della persona, deve essere rispettata, e saperlo accettare ci rende tolleranti, e la tolleranza è il sentimento che ci impedisce di oltrepassare il limite del rispetto della dignità umana, che alberga dentro la nostra coscienza, sempre ed in ogni campo. Altrimenti, si rischia di trasformare la libertà in un ennesimo estremismo. Maria Rosaria
Leggendo ed ascoltando i vari fatti di cronaca che riempiono i quotidiani e i telegiornali, non ho potuto fare a meno di soffermarmi a fare una riflessione, che volevo sottoporre alla tua attenzione: la società nella quale viviamo ci mostra, giorno dopo giorno, che il "Gap” o “Forbice" tra quello che dovrebbe essere il modo di vivere a "misura d'uomo" (sostenibile dal punto di vista fisico, psichico e ambientale) e il modo di vivere reale, i cui ritmi sono imposti dalle continue e sempre più veloci e sofisticate innovazioni tecnologiche (di processo e prodotto), diventa sempre maggiore. Fino a quando l'uomo potrà resistere a queste continue e sempre più stressanti sollecitazioni? E, quando egli inevitabilmente crollerà, cosa ne sarà dell'attuale società? Tutto questo è ineludibile oppure esiste un qualche rimedio? Saluti. Un lettore
Caro lettore, Credo che a tanti piacerebbe rispondere a questa domanda ma che nessuno sia in grado di farlo! Tutti possiamo constatare quello che sta accadendo nella nostra società, possiamo tangibilmente accorgerci, giorno dopo giorno, di come la società mondiale sta cambiando, e ognuno è anche in grado di formulare la sua teoria sul perché e sul cosa l’abbia fatta trasformare. Ma come si fa a prevedere quando l’umanità, ormai satura, crollerà perché non riuscirà più a reggere il sistema? Soprattutto, come si fa a trovare un rimedio per fermare l’assurda corsa alle nuove tecnologie che, in pochi decenni, sono divenute insostituibili e, soprattutto per i più giovani, vitali?Stiamo vivendo l’era dell’illuminismo tecnologico: al centro dell’universo abbiamo posto la ragione umana con il suo carico di capacità e intelligenza in grado di costruire ed utilizzare macchine per poter fare tutto ciò che vogliamo: vedere e parlare con persone che vivono dall’altra parte del globo; costruire jet supersonici per accorciare le distanze; guadagnare milioni, stando seduti in un ufficio; credere ad amici senza volto, che esistono solo attraverso frasi inviate chissà da dove. Ormai ho il mondo in una mano, sono il dio del mondo! Le grandi società che hanno investito nel settore tecnologico, probabilmente, non immaginavano che avrebbero creato la “robotizzazione” dell’essere umano, ma anche se lo avessero immaginato certamente non avrebbero rinunciato ad un’occasione così economicamente succulenta. In una società come quella in cui viviamo, dove non c’è più tempo per parlare con l’altro guardandolo negli occhi, dove non esiste più la possibilità di conoscersi e costruire un rapporto di sincera amicizia, dove tutto viene sacrificato in nome del “denaro/potere”, qual è il posto per l’uomo? Che fine fa la vita a misura d’uomo? Che fine ha fatto l’uomo? Inevitabilmente questo tipo di sistema, prima o poi, imploderà. I fatti di cronaca che ascoltiamo ci parlano di questa implosione “individuale” che sta già avvenendo: il bisogno di denaro fa intravedere la soluzione al figlio nell’uccidere il genitore; la paura di affrontare da solo un incerto futuro, arma la mano del marito che uccide la moglie perché lo vuole lasciare; il prototipo di bellezza propinato dai mass media diventa lo specchio in cui la ragazzina non si riconosce e si toglie la vita; l’apatia di un’esistenza senza valori si trasforma in emozione nell’atto di violenza gratuita contro sconosciuti inermi; sedicenti esaltati inneggianti all’odio e allo spargimento di sangue diventano idoli da emulare o seguire; l’insostenibile mal di vivere trova l’unica soluzione nello schiantarsi con un aereo, carico di vite umane, contro una montagna. Io credo, caro lettore, che la società civile abbia già iniziato il suo declino, quello che non possiamo sapere è “quando” l’intero sistema globale imploderà, non riuscendo più a contenere tutte le conseguenze da esso stesso generate, e credo che l’unica cosa che la tecnologia non sarà mai in grado di fare è e sarà fermare la sua stessa corsa. Ma verso dove?
Maria Rosaria