Il territorio cilentano viene da sempre associato a uno stile di vita sano e genuino derivante dal contatto diretto (o quasi) con l’ambiente naturale e con stili di vita che mirano a mantenere inalterata una tradizione ancorata al benessere standard; benessere standard inteso perlopiù come benessere fisico, convinzione che, spesso, tende a sorvolare su aspetti meno evidenti e più implicitamente insiti allo sviluppo psico-sociale dell’individuo. Purtroppo la tendenza comune è quella di sopravvalutare il concetto di “corpore sano” e di non tenere quasi per nulla in considerazione (e forse non a caso) ciò che veniva posto dai latini prima di tale locuzione nel famoso motto “mens sana...”. Come si fa a stare bene fisicamente se il malessere mentale è dilagante? Molti sono i casi di somatizzazione del disagio mentale, disagio che se oppresso viene scaricato attraverso “valvole di emergenza”. Siccome nella maggior parte dei casi non si è preparati sul funzionamento del proprio corpo, si tende a non prestare attenzione a manifestazioni così enigmatiche forse persino per gli stessi medici, i quali a volte non si sognano neppure di dover tenere presente che l’origine di una patologia non sempre è univoca. Si ha infatti un passaggio necessario (in alcuni casi) “dalla psiche alla materia” e ciò vuol dire che è il cervello a tenere in pugno il corpo. Le istituzioni però, a quanto pare non sono preparate (o non vogliono esserlo?) a porre maggiore attenzione al disagio mentale. La conoscenza del nostro corpo deve essere a 360° pur di garantire appieno il vero benessere. Il disagio che spesso si manifesta fisicamente è il risultato di ciò che viene prodotto a livello mentale, ma siccome non si è in grado di dare una spiegazione approfondita, si risolve tutto in una semplice diagnosi medica. Non si può far finta di nulla davanti alla sfilza infinita di studi e ricerche fatte in ambito neuro-psicologico. Lo stesso Freud, medico di professione, svolse numerosi studi in ambito psichiatrico e riportò anche moltissimi casi clinici nelle sue opere (per esempio si pensi a “Introduzione alla psicoanalisi” o a “L’interpretazione dei sogni”). Da tutti i casi clinici descritti da Freud il filo conduttore è sempre lo stesso: “le turbe psichiche”. La domanda a questo punto è: perché dissociarsi dallo sterminato campo della psiche se potrebbe essere il punto di partenza per spiegare tutto il disagio che si cela dietro un effetto derivante da una causa ben più complessa di quello che si crede? A voi la risposta. Andando a scomodare Feuerbach, il quale sosteneva che “Noi siamo quello che mangiamo”, aggiungerei “Noi siamo quello che viviamo”. Ma come si vive realmente nel Cilento? Negli ultimi anni si è perso tanto in termini di (pre)occupazione sociale e le persone si sono ritrovate senza prospettive e senza la possibilità di costruirsi un futuro sia a livello lavorativo che a livello sociale. L’attenzione che si è posta nei confronti del territorio è minima, così come è minima quella che si è posta nei confronti del reale benessere degli individui. Tutto quello di cui si viene privati in ambito sociale produce un’eco afonica nella stessa introspettività del singolo. Il vuoto che deriva dall’esterno, inevitabilmente si riflette all’interno generando, come si è detto, un vero e proprio disagio, un senso di vuoto, di riempimento forzato delle proprie giornate. La soluzione di molti è quella di fuggire altrove non riuscendo a trovare motivazioni ragionevoli per restare, quella di altri (per fortuna) è di restare e combattere per crearle, mentre altri non trovano né ragioni, né motivazioni, semplicemente si adattano e si lasciano trasportare dal flusso degli “eventi”. Riflettendo quindi sul concetto di benessere in relazione al nostro territorio, siamo davvero sicuri che quello che ci viene offerto sia all’altezza di quello che DOVREBBE essere? Sicuramente no.
Chiara Esposito