Durante la seconda guerra mondiale, tra il 28 ed il 29 marzo 1941 nelle acque a sud del Peloponneso, fra l'isolotto di Gaudo e Capo Matapan, tra una squadra navale della Regia Marina italiana sotto il comando dell'ammiraglio di squadra Angelo Iachino, e la Mediterranean Fleet britannica (comprendente anche alcune unità australiane) dell'ammiraglio Andrew Cunningham fu combattuta la famosa battaglia di capo Matapan. La battaglia in sé si compone di due scontri distinti: uno combattuto nei pressi dell'isolotto di Gaudo tra la mattina ed il pomeriggio del 28 marzo, ed un secondo al largo di capo Matapan nella notte tra il 28 ed il 29 marzo. Purtroppo, nonostante il valore dei nostri marinai, tra i quali si ebbero 2303 morti, lo scontro fu sfavorevole alle forze italiane, che subirono la perdita dei tre incrociatori Fiume, Pola e Zara, di due cacciatorpediniere e il danneggiamento della corazzata Vittorio Veneto, che comunque riuscì a tornare alla base. Poiché gli inglesi si trovarono nelle acque greche ad attendere la flotta italiana, dimostrando così di conoscere in anticipo le nostre mosse, furono fatte varie ipotesi su questa circostanza. Qualcuno parlò addirittura di tradimento, ma i fatti hanno ampiamente dimostrato che nulla poté macchiare l'onore della nostra Marina. Uno di questi fatti, forse il più importante, fu la decrittazione dei nostri messaggi segreti da parte di una giovane inglese, la diciannovenne Mavis Lever, che, dopo aver interrotto gli studi universitari, si trovò a lavorare presso la centrale operativa impegnata a decifrare i codici italiani in un cottage di Bletchley Park a Londra. L'intuizione della ragazza consentì di individuare il codice segreto utilizzato in quel periodo dalle nostre macchine crittografiche Enigma, altrimenti pressoché inviolabili. Di conseguenza la flotta inglese conobbe in anticipo le nostre mosse e poté ribaltare il fattore sorpresa a suo favore.
Alla battaglia parteciparono due marinai cilentani, Beniamino Veneroso di Pisciotta e Francesco Chirico di Eremiti di Futani, entrambi imbarcati sull'incrociatore Fiume, affondato durante lo scontro. Essi sopravvissero a cinque giorni e cinque notti su una zattera di fortuna, senza acqua né cibo, e poterono quindi rientrare in patria dopo innumerevoli peripezie.
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