Palinuro, 18 giugno 2011. In un convegno all'Hotel Eden, la terza edizione di "Viaggio nella memoria", ritorna un personaggio che nel secolo scorso fu tra i primi promotori della vocazione turistica della "perla del Cilento". I palinuresi che hanno già raggiunto e superato l'età adulta conoscono bene questo pioniere del turismo di Palinuro, ma per i più giovani, che non ebbero la fortuna di conoscerlo allora, è necessaria una presentazione, anche perché proprio ai giovani dobbiamo affidare il rilancio turistico del nostro splendido territorio. Mario Pigorini – proprio di lui sto parlando – nacque 88 anni fa a Vigevano, in provincia di Pavia, ma ha quasi sempre vissuto a Torino, se si esclude naturalmente il lungo felice periodo palinurese. Laureato in Lettere e Filosofia, cominciò a lavorare a Torino come insegnante, ma presto ebbe l'incarico di Cultural Section Chief (capo della sezione cultura) presso l'USIS (United States Information Services), che lo portò a viaggiare negli Stati Uniti intorno all'anno 1957. Appassionato di archeologia, nel 1958 si recò a Paestum, per ammirare non solo gli antichi templi, ma anche i reperti archeologici rinvenuti nelle ultime tombe scoperte nella zona, che avevano arricchito notevolmente il museo archeologico. A quei tempi non si usava fare lunghi viaggi in macchina, quindi Pigorini partì da Torino per Paestum col treno, ma, per essere più libero di muoversi una volta sul posto, spedì in anticipo, sempre per ferrovia, la sua fidata Vespa. Che arrivò puntualmente, ma con la pedivella rotta. A Paestum Mario Pigorini conobbe il senatore Zanotti Bianco, anch'egli appassionato di archeologia. Questi, durante una gita in barca alla foce del fiume Sele, notò dei rocchi di antiche colonne sprofondati negli acquitrini. Intuì che quei reperti non dovevano essere casuali e quindi fece eseguire degli scavi, che portarono alla luce uno dei templi più importanti della zona, il famoso santuario di Hera Argiva.
Si trattava evidentemente di tempi eroici, con il sud ed in particolare il Cilento ancora sprofondati in un sonno più che secolare, dal quale cominciavano lentamente a svegliarsi, grazie all'apporto di viaggiatori illuminati, che arrivavano sempre più frequentemente in queste zone, attirati dallo splendore di una natura ancora selvaggia e incontaminata, pur se intrisa di ricordi storici e classici.
Fu proprio a Paestum che Pigorini sentì parlare per la prima volta di Palinuro. Il proprietario dell'albergo dove alloggiava gli disse del Club Mediterranée, nuovissima ed esclusiva struttura, che i francesi, sempre attirati dalle coste più incontaminate, avevano creato da poco più di due anni nei pressi del capo Palinuro. Manco a dirlo, il giovane Pigorini decise di andare a visitare il Club. A quei tempi la strada per Palinuro non era così agevole come oggi. Da Paestum bisognava immettersi nella vecchia statale 18, inerpicarsi sulle curve di Ogliastro e di Rutino, scendere lungo la valle dell'Alento verso Vallo Scalo e poi risalire verso Vallo della Lucania e proseguire per Futani. Qui si lasciava la statale e si imboccava una strada bianca, che passava per Massicelle, Foria, Centola e scendeva infine a Palinuro. Dove però il Club Mediterranée era rigorosamente chiuso agli estranei e non erano ammessi visitatori esterni, forse per proteggere le belle ragazze francesi, che si diceva pullulassero al suo interno abbigliate in bikini o in topless e che costituivano una formidabile attrazione per i giovani latini costretti a rimanere fuori. Pigorini riuscì a entrarvi dal mare, passando attraverso l'uliveto di proprietà dell'avv. Giovene, altro pioniere di Palinuro, autore di un libro, in cui narrava delle bellezze naturali e degli abitanti del paese, anche se pudicamente occultati da pseudonimi.
Questo fu per Pigorini il primo assaggio, ma ormai il fascino del luogo lo aveva completamente stregato. Ritornò meno di un anno dopo, nell'aprile 1959, accompagnato dal suo fedele cane Argo, il cui nome la dice lunga sul fatto che Mario Pigorini si sentiva ormai come Ulisse di ritorno alla sua Itaca. L'estate del '59 trascorse e Mario Pigorini divenne amico del "Ninno", cioè di Mauro Rinaldi, il figlio più giovane del famoso 'Nduogno, come era soprannominato Antonio Rinaldi, il più potente e il più famoso signorotto del luogo. O 'Nduogno non ebbe un rapporto amichevole con Pigorini, perché l'anziano signorotto era geloso delle tradizioni e delle bellezze di Palinuro. Non capì forse che l'amore del giovane settentrionale per questa terra ne avrebbe potuto avviare lo sviluppo futuro. E questo atteggiamento è ancora più strano, ove si consideri che nel 1952 Antonio Rinaldi, nella sua funzione di sindaco di Centola, contribuì alla creazione del Club Mediterranée.
Comunque, alla fine dell'estate del 1959, Mario Pigorini tornò a Torino carico di fotografie e di filmini, ma soprattutto con un'idea fissa: realizzare una struttura turistica ad alto livello, ad imitazione di quel Club Mediterranée che tanto l'aveva affascinato. Fu così che l'anno dopo nacque il Villaggio degli Ulivi, con tukul simili a quelli del Club Med. L'iniziativa attirò innumerevoli turisti da Torino e dall'alta Italia e addirittura nel 1961 Pigorini lasciò il lavoro all'USIS e si trasferì a Palinuro. E fu proprio in quell'epoca che a Palinuro dopo i francesi arrivarono i torinesi e poi i tedeschi e i cittadini di tutto il mondo, attirati dalla fama della bellezza della perla del Cilento. Persino don Giovanni Cammarano, indimenticabile e indimenticato parroco di Centola, plaudì all'iniziativa di Mario Pigorini, perché il turismo da lui indotto gli sembrava più "serio" di quello del Club Med. E la sua approvazione si vestì di concretezza, perché don Giovanni fece in modo che Mario potesse acquistare il terreno di sua sorella per sole 700 lire al metro quadro. Ma non tutte le relazioni con i personaggi e con le autorità locali furono idilliache. Durante un'estate degli anni '70 scoppiò la crisi dell'acqua e il Villaggio degli Ulivi ne rimase privo. La cosa parve tanto più grave, perché invece il Club Mediterranée, che evidentemente aveva solide raccomandazioni, non subì alcun disservizio. Quando Pigorini si rivolse al vice sindaco dell'epoca, Luigi Merola, si sentì rispondere che l'acqua serviva per i pomodori! Il problema per fortuna fu risolto da un rabdomante, opportunamente incaricato, che trovò una falda acquifera nel sottosuolo del Villaggio degli Ulivi e lo liberò per sempre dalla schiavitù verso le istituzioni. Tutto però ha una fine, e perciò questo splendido rapporto del torinese Mario Pigorini con l'ammaliante natura del Cilento si interruppe improvvisamente nel 1979. La moglie di Mario doveva subire un importante intervento agli occhi e così egli si decise ad abbandonare la sua creatura. Il villaggio degli Ulivi fu ceduto al comandante Tartufo (quello dell'Happy Village di Marina di Camerota) e Mario Pigorini lasciò Palinuro. Ma non l'avrebbe più dimenticata: la vecchia zi' Vicenza D'Acquisto, nonna di Mauro Tancredi, gli disse alla partenza: "Don Ma', non v'a scurdate chiù questa via!".
E così fu, infatti, e Mario Pigorini, inevitabilmente, è tornato.
P.V.