RIFLESSIONI SUL DIALOGO INTERCULTURALE E INTERRELIGIOSO

di Gustavo Mion

La nostra società sta diventando, di giorno in giorno, sempre più multietnica, multiculturale e multireligiosa. Abbiamo creduto per molto tempo di essere immuni dal multiculturalismo, ma anche la nostra nazione si sta avviando, come altre nazioni europee, verso un pluralismo religioso e culturale, conseguenza dei flussi migratori provenienti principalmente dal Nord Africa e da paesi dell'est Europa. Da ciò deriva l'incontro di popoli di cultura, tradizioni, religioni diverse, con diverse visioni del mondo e diversi sistemi valoriali. Ciò può essere fattore di arricchimento reciproco, ma può essere anche occasione di scontro e causa di xenofobia. In questa situazione diviene necessario, al fine di una convivenza pacifica, confrontarsi con le "ragioni" altrui, comunicare, dialogare. Sono temi, questi, che vanno riscuotendo sempre più interesse, anche perché si stanno verificando nel mondo frequenti episodi d'intolleranza verso le minoranze religiose.
Pochi giorni fa, a Sarajevo, città che ha vissuto le tragiche vicende della guerra dei Balcani, si è svolto un seminario, organizzato dal PPE in cui si è parlato , oltre che dei problemi dell'area balcanica e degli ultimi tragici avvenimenti in Nord Africa, anche di minoranze religiose. Vi hanno partecipato vari esponenti di governi europei ed anche l'ex presidente del Libano Amine Gemayel che ha spiegato che in Libano c'è sempre stato un dialogo tra le religioni al fine di mantenere una convivenza pacifica tra le varie fedi. In questa sede è stato preso l'impegno di organizzare un meeting internazionale dedicato interamente al dialogo tra le tre religioni monoteiste, cui dovrebbe partecipare il figlio di Shahbaz Bhatti, il ministro cattolico per le minoranze pachistano recentemente assassinato dai talebani.
Questi problemi, già diversi anni, sono all'attenzione dei paesi europei. Nel 2003 è stata organizzata una conferenza, dalla Presidenza dell'Unione Europea, da cui è scaturita una dichiarazione in cui si afferma che "il dialogo può oggi dare un contributo efficace allo sviluppo di una società libera, ordinata e coesa" e "aiuta a superare l'estremismo filosofico, politico e religioso, gli stereotipi e i pregiudizi, l'ignoranza, l'indifferenza, l'intolleranza, l'ostilità, che nel passato sono stati causa di tragici conflitti e spargimenti di sangue in Europa".
Il problema della convivenza tra culture e religioni diverse è stato affrontato anche dallo stato italiano. Nel 2005 l'allora ministro Pisanu, istituì la cosiddetta Consulta islamica con l'intento di individuare un nucleo di valori comuni che potessero servire a permettere un dialogo tra immigrati mussulmani e italiani. In seguito, si è pensato di allargare il dialogo a tutti gli immigrati e a tutte le religioni. Come risultato nel 2007, il Comitato scientifico del Ministero dell'Interno (ministro Giuliano Amato) ha elaborato un documento che comprende i valori e i principi cui dovrebbero attenersi tutti quelli che intendono risiedere in Italia, la "Carta dei valori della cittadinanza e integrazione". Questa "carta" è basata su valori etico-sociali certi, sui diritti inviolabili dell'uomo: il diritto alla vita dal suo inizio fino al compimento naturale, il diritto di libertà e dignità della persona, l'uguaglianza di diritti tra uomo e donna, diritti sociali (lavoro, salute, istruzione, informazione) diritti della famiglia fondata sul matrimonio. Questa "carta" promuove i valori della pace e della convivenza tra i popoli. Erano principi e valori che preesistevano nella nostra comunità e che erano già presenti nella nostra Costituzione.
I valori su cui si fonda la società italiana sono frutto dell'impegno di generazioni di uomini e di donne di diversi orientamenti, laici e religiosi, e sono scritti nella Costituzione della Repubblica italiana del 1947. Questa "carta dei valori" cerca di stabilire un punto di equilibrio tra i valori dell'accoglienza e della legalità, tra diritti e doveri che devono essere riconosciuti e fatti osservare da chiunque intenda risiedere in Italia. Questo documento intende guidare i rapporti tra lo stato e le varie comunità religiose, ma può essere anche uno strumento per la ricerca di convivenza, per favorire la comunicazione, il dialogo, tra le varie etnie, e per contrastare la xenofobia. Gli aspetti salienti di questa "carta" sono stati esaurientemente descritti in un convegno di giuristi cattolici (dicembre 2008) da Carlo Cardia, uno dei membri della commissione che hanno contribuito alla stesura del documento, il quale afferma che la "carta dei valori" è fondata sulla fiducia nei valori enunciati dalla Costituzione, sulla convinzione che valori e diritti costituzionali hanno valenza universale, Inoltre presuppone che l'integrazione tra culture, tradizioni, religioni diverse sia possibile. Cardia rileva che in diverse parti dell'Occidente si va radicando una tendenza che "finisce col negare l'universalità dei nostri principi e valori, e nega, agli altri, il diritto e la possibilità di evolversi e di migliorare come siamo migliorati noi nel tempo. Questa degenerazione relativistica ha portato un forte sbandamento nella cultura occidentale e causa gravi danni anche in Italia".
La valenza universale dei diritti umani e dei valori costituzionali riguarda anche i principi di laicità e di libertà religiosa, che invece sono soggetti, da qualche tempo, a un'interpretazione relativistica proprio nell'ambito della multiculturalità. Inoltre Cardia afferma che "dopo aver sminuito principi etici essenziali non si capisce perché mai dovremmo considerare universalmente validi i diritti della persona, che hanno avuto nella cultura occidentale e nel suo rapporto con il cristianesimo la sorgente primaria. Il principio di laicità e di libertà religiosa o ha significato universale o non ha alcun significato. Quando si comincia a relativizzarlo, poco per volta, si distrugge, e si pongono le basi per la sua decadenza storica". Bisogna considerare, però, che certe religioni, (così come certe ideologie), negano il diritto alla libertà di pensiero e alla libertà religiosa, negano l'uguaglianza tra uomo e donna, negano alcuni fondamentali diritti umani. Il diritto all'esercizio della libertà è un'esigenza inseparabile dalla dignità della persona umana. Se vengono negati certi valori fondamentali, che sono alla base della convivenza umana, credo si debba affermare con chiarezza, che quella religione (o quella ideologia), non sta cercando il bene dell'uomo e della società. Bene dell'uomo che, come diceva Aristotele, non consiste solo nel soddisfare i bisogni materiali e i piaceri ma, il bene supremo, è "ciò cui tutto tende", cioè la felicità, che secondo lui è basata sul praticare al meglio le qualità che distinguono gli uomini dagli altri esseri viventi, cioè ragione e conoscenza; queste peculiarità dell'uomo non possono essere sviluppate al meglio senza libertà. Il fallimento delle grandi ideologie totalitarie ha ricordato l'attualità di queste considerazioni, ha dato dimostrazione che non è sufficiente che lo stato soddisfi i bisogni materiali e di sicurezza dei cittadini per renderli felici.
Il bisogno di libertà, di giustizia, la possibilità di cercare liberamente la verità, sono bisogni spirituali innati, che ci danno emozioni che fanno parte dell'essenza dell'essere umano. L'uomo, se rinuncia a questi valori rinuncia alla parte migliore di se stesso, e non può essere felice. E' necessario proporre questi valori agli immigrati con chiarezza, onestà, ma anche con rispetto delle loro tradizioni, al fine di cercare di stabilire un sistema di valori il più possibile condiviso che possa essere alla base della convivenza della comunità.
Complementare al dialogo interreligioso è il confronto con la cosiddetta "terza confessione", (non credenti, atei, agnostici, "laici"), cioè con chi non è alla ricerca di trascendenza o spiritualità, a questa "confessione" appartengono anche parte degli immigrati che provengono dall'Europa dell'Est e dall'Estremo Oriente. Per molti di loro il valore principale è l'umanità, la convivenza comunitaria. Pensano a una sorta di "legge morale naturale", innata, che ha origine nel cervello dell'uomo. Questi, dietro l'etichetta del "politicamente corretto", nascondono spesso valori etico-umanistici simili e a volte superiori a quelli dei credenti.
La Chiesa cattolica si è sempre posta il problema di come conciliare fede e ragione, questo comporta la necessità di confrontarsi con le ragioni degli altri, credenti o non credenti. Quest'anno, ricorre anche il venticinquesimo anniversario dello storico incontro di Assisi, del 27 ottobre 1986, convocato da Giovanni Paolo II, tra i leader religiosi di tutto il mondo, per costruire il dialogo e dare al mondo una speranza di pace. In questa occasione, il 27 ottobre, ci sarà, ad Assisi, l'incontro di preghiera tra i rappresentanti di varie religioni, sarà presente anche il Papa Benedetto XVI. Quali potrebbero essere quei principi etici essenziali, quei diritti della persona, condivisibili un po' da tutti? Solo con un dialogo senza pregiudizi e con un atteggiamento di ascolto verso gli altri si può cercare di individuarli. In questa direzione va anche l'invito del Papa a promuovere l'iniziativa di un luogo di confronto fra credenti e non credenti che ha preso il nome di "Cortile dei Gentili".
Questa iniziativa è stata curata dal Pontificio consiglio della Cultura, presieduto dall'arcivescovo Gianfranco Ravasi, con il fine di aprire un dialogo serio e rispettoso tra credenti e atei su alcune questioni fondamentali della vita di ogni essere umano. Saranno organizzati vari incontri in diverse città europee, il primo si è svolto a Parigi il 24 e 25 marzo. In questi incontri saranno affrontati temi di etica, antropologia, spiritualità, temi come il bene e il male, la vita e la morte, l'amore , il dolore, la verità e la menzogna.
Questo confronto non ha l'obbligo di trovare un "minimo comun denominatore" ma potrebbe essere utile per individuare quei valori etici condivisibili, frutto di quella "legge morale naturale" che, anche senza tirare in ballo il trascendente, la legge divina, possano fungere da "indicatori" per stabilire quale sia il bene dell'uomo e della società.Valori da considerare anche come punti di riferimento, criteri di valutazione, che ci aiutino a stabilire, pur con sensibilità tra loro diverse, che stiamo operando per il bene dell'uomo. Alcuni di questi valori (laici) potrebbero essere la pace, il rispetto per la vita, l'uguaglianza tra gli uomini e tra uomo e donna, la possibilità di cercare liberamente la verità, la giustizia, ma anche valori più cari ai cristiani, come quello della misericordia.
A volte siamo costretti a scegliere tra due o più di questi valori, che potrebbero entrare in conflitto, ad esempio, potrebbe capitare di dover scegliere tra giustizia e rispetto per la vita, (alcuni ammettono la pena di morte, mentre, per i cristiani, il valore della vita prevale sugli altri), allo stesso modo ci può essere conflitto tra pace e libertà (gli ultimi avvenimenti in Africa settentrionale ne sono un esempio). In questi casi non è facile trovare la capacità di discernimento per fare la scelta migliore, trovare l'equilibrio che consenta di non fare più male che bene. L'uomo può fare appello alla propria coscienza, al cuore, alla ragione. Ma , a volte, questo non ci basta, anche perché, nella società di oggi, siamo bombardati da una serie eccessiva di stimoli (televisione, opinioni, informazioni, ecc.).
Questo può comportare che non riusciamo a elaborarli completamente e, a lungo andare, questa situazione può annebbiare la psiche, si appiattiscono le emozioni, si perde lo spirito critico, si affievolisce il sentimento morale e così si riduce la capacità di distinguere tra bene e male. I nostri valori, affinché siano accettati, vanno proposti e non imposti, dobbiamo accostarci ai credenti di altre religioni con rispetto, però questo non significa rinunciare alla nostra identità.
Dobbiamo rifiutare un'interpretazione relativistica sui principi etici essenziali, altrimenti poniamo le basi della decadenza storica della nostra società. E' necessaria umiltà, ma anche chiarezza nell'affrontare il dialogo con persone di culture diverse. Nella nostra società, sempre più multietnica e multiculturale, ci troviamo ora di fronte a due possibilità: o favorire l'incontro, o generare lo scontro. La religione stessa può essere fattore d'incontro, di arricchimento, o di scontro. In una situazione così frammentata, carica d'incertezza si devono cercare i metodi che favoriscano la comunicazione, il dialogo, la convivenza. Dobbiamo quindi confrontarci con gli altri, per vedere quali sono i valori che sono incisi nel cuore di tutti gli uomini, da cui possano derivare regole condivise senza le quali, in futuro, non si potrà stabilire una buona convivenza nella nostra comunità.