Antropologia del turista cilentano

di Giovanna Taverni

Se lasciamo da parte gli imperterriti e nostalgici rimasugli di turismo più cosmopolita, francesi e tedeschi alla ricerca dello sconosciuto, che per qualche ignota ragione riescono ad individuare il Cilento sulla carta geografica, trasformandolo in meta privilegiata per bagni e scorribande estive, le spiagge cilentane stanno già iniziando a popolarsi del più classico esponente della categoria dell’homo turisticus: il bagnante low cost. Occorrerebbe uno studio antropologico di questo urlatore da spiaggia, giacché ogni anno si diffonde sempre di più, cresce in numero esponenziale assieme al turismo “touch and go”, ovvero “vado al mare, mi bagno, e riparto”.
Questo tipo di bagnante, che lascia la città per sbollire l’arsura estiva verso i lidi del risparmio, più in generale si muove in gruppo o in branco che dir si voglia, trascinando parenti e amici nell’impresa di caricare l’auto di tutto il necessario e del superfluo: ombrellone e sedie a sdraio non mancano di affollare il carico bagagli, perché non sia mai detto che il bagnante del genere “urlatore da spiaggia” debba spendere più di quello che può risparmiare (preventivamente ci si porta dietro da casa il possibile e l’impossibile). Una volta arrivato a destinazione, va subito al mare, con l’aria del conquistador in terra straniera, neanche fosse appena sbarcato ad Haiti o Honolulu. In realtà ha semplicemente trascorso un massimo di due, tre ore (dipende sempre dal traffico) di viaggio in auto, fermandosi innumerevoli volte in autogrill per consumare una colazione, prendere un espresso, espletare i bisogni, cambiare il pannolino al neonato, e comprare l’unica cosa che la moglie aveva dimenticato (con grave disappunto del marito). Tuttavia già tutto questo deve parergli un’odissea infinita tra millecento peripezie, ed è per questo che appena arrivato va al mare, perché se l’è meritato, ha lavorato l’intera settimana per quel pieno d’auto che l’avrebbe condotto a prendere il sole, ha messo fuori la canotta estiva arancio scambiato, e lo stesso costume di sempre; ha cresciuto i bambini col culto del sabato all’arrembaggio delle spiagge a basso costo, sicché si catapulta come un predatore negli spazi liberi per piantare il suo ombrellone, neanche stesse marcando il territorio. D’ora innanzi quel pezzo di spiaggia è di sua esclusiva pertinenza, della sua famiglia (o dei suoi amici), delle sue creme solari, del suo pallone, dei suoi asciugamano, sedie a sdraio, borsa termica, abbronzante. Anzi, bisognerà ritenersi fortunati se non cercherà di avanzare verso di voi per guadagnare territorio. E’ una dura lotta quella imbastita con l’urlatore, perché di tanto in tanto, come dice appunto il suo nome, comincerà pure ad urlare. Questo avviene all’incirca dopo il sorprendente quanto rigoroso silenzio che avviene mentre tutta la famiglia sta mangiando panini infarciti di frittata o di qualche altra prelibatezza estiva. E’ solo dopo essersi rimpinzato e dato la carica, che l’urlatore prenderà il cellulare (forse un i-Phone cinese) e inizierà a telefonare all’incirca a metà della sua rubrica per comunicare un mantra: ‘’Weeee! Sono a Palinuro!’’. E lo dice neanche stesse dicendo ‘’sono sulla spiaggia più esclusiva di Saint-Tropez’’, o neanche Palinuro fosse ancora quel luogo anni 70-80 a lui precluso. Ma bisogna pure capirlo, ci ha impiegato venti, trent’anni per invadere ed espugnare quella terra come aveva anzitempo fatto con Scalea e parte della Calabria; bisogna sottostare al fatto che è lui il vero re delle spiagge cilentane, l’uomo multitasking che passa dal gonfiaggio del materassino alla rigorosa grigliata serale fai-da-te con versatilità. Essendo una tipologia di turista-bagnante che rischia di diventare una maggioranza, l’economia del luogo tenta di fare i conti con lui, e coi suoi bisogni primari (mangiare, bere, dormire, esibirsi). Sicché tende ad imporsi la scelta più semplice, quella al ribasso: adeguarsi al re della spiaggia, rimpinzarlo di panini, posti letto low cost, strade e corsi desolanti dove lui possa sentirsi a suo agio a passeggiare, stradine dissestate ottime per parcheggiare gratis. E’ ovvio assecondare il re, quando l’alternativa sembra troppo costosa (significherebbe per ognuno rinunciare a parte del proprio personalissimo interesse in nome di un progetto al rialzo più comune; significherebbe aggiustare, abbellire, addirittura costruire; significherebbe scambiare, aprirsi, rischiare… e chi ce lo fa fare!). Così ci prepariamo alla moda della prossima neo-estate, la canotta arancio rigorosamente grunge, che è un modo un po’ più radical chic di dire scambiato.

Giovanna Taverni