L'adolescenza è sempre stata considerata una fase di transizione della vita, caratterizzata da molte trasformazioni che riguardano l'individuo nella sua totalità. Innanzi tutto non è possibile, se non in modo approssimativo, stabilire i limiti della durata di tale fase, ossia il suo inizio e la sua fine, in essa poi si intrecciano molteplici eventi che vanno dalla sfera biologica a quella psicologica e sociale.
L'adolescenza rappresenta un “passaggio” cruciale, non solo per il giovane, ma anche per la famiglia, sancisce il passaggio dall'infanzia all'età adulta con i suoi peculiari mutamenti, le sue ambivalenze, rispetto alla voglia e alla paura di “appartenere ed individuarsi”.
Essa rappresenta, da un lato, l'occasione per sviluppare nuove capacità relazionali e personali, dall'altro un momento di forte vulnerabilità caratterizzato dalla messa in discussione degli equilibri personali. Si configura come un banco di prova per le aspirazioni, le capacità che ogni giovane possiede e che risultano essenziali per affrontare le separazioni, le scelte, le sfide che il passaggio al mondo degli adulti comporta. Si può affermare però che i rischi sono più gravi per quei giovani che dispongono di capacità personali e relazionali povere. Se non affrontati in un modo adeguato, tali pericoli possono determinare l'instaurarsi di stili di vita dannosi. Sono definiti comportamenti a rischio quelli che danneggiano, sia a breve che a lungo termine, la sfera fisica, psicologica e sociale dell' individuo. Essi si manifestano soprattutto durante l'adolescenza. Alcuni giovani assumono atteggiamenti devianti di trasgressione sociale che possono causare, in seguito, disagi ancor più gravi, altri hanno comportamenti alimentari scorretti (anoressia, bulimia), utilizzando il corpo come strumento di ribellione, altri ancora ricorrono all'uso dell'ecstasy, degli spinelli, dell'alcool per sentirsi in sintonia con il contesto culturale del gruppo di riferimento, per essere “uno di loro” e per “sballarsi un pò”. Strettamente correlato all'assunzione di tali sostanze è l'elevato numero di incidenti stradali che vede protagonisti i giovani che, rientrando nelle proprie abitazioni, dopo una lunga serata trascorsa in luoghi affollatissimi, con musica assordante, bevendo alcolici, abbinati magari a qualche sostanza eccitante, lasciano, lungo la strada, una vita piena di sogni, desideri e speranze.
I comportamenti a rischio adolescenziali possono essere considerati dei modi per provare sensazioni nuove e forti, legate anche alla sfida e alla sperimentazione di sé.
Negli ultimi anni è aumentato considerevolmente lo studio sulle condotte ad alto rischio dei giovani, atteggiamenti messi in atto da soli o in gruppo. Questi comportamenti assumono importanza perché contengono elementi di auto o etero-distruttività: lanciarsi da un ponte legati ad un elastico; camminare sui cornicioni; attraversare torrenti in piena; guidare a forte velocità; sdraiarsi sulla riga di mezzeria di una strada; sfidarsi a chi si toglie per ultimo da una situazione pericolosa, come dai binari del treno. Questo voler mettere in pericolo di morte se stessi, coscientemente o incoscientemente, può arrivare fino al tentativo di suicidio. In questi casi è difficile valutare se veramente c’è il desiderio di morire, ma, a volte, c’è la volontà di porre fine a una sofferenza o il desiderio di cambiare qualcosa nella vita.
Il pericolo che questi comportamenti hanno sulla salute può essere immediato, come nel caso della guida pericolosa, prima causa di morte in età adolescenziale, oppure posticipato nel tempo come nel caso dei disturbi dell’alimentazione, delle condotte sessuali a rischio, del fumo di sigarette, dell’assunzione di droghe e dell’abuso di alcol.
In generale, correre dei rischi fa parte della norma in questa fase dello sviluppo. A. Tursz, infatti, rilevava la necessità di considerare gli aspetti positivi e funzionali del rischio, che, per l’adolescente, può corrispondere ad una volontà profonda di rinnovarsi, ad un desiderio di indipendenza e di autonomia, oppure all'esplorazione delle proprie capacità e dei propri limiti. Bisogna quindi rilevare come questi comportamenti azzardati assolvano spesso funzioni ben precise, sebbene siano dannosi dal punto di vista fisico, psichico e sociale; sembrano fornire all’adolescente una via di uscita dalle insicurezze e dalle incertezze. Per quanto pericolosi per sé e per gli altri, essi potrebbero essere ricercati perché permettono di raggiungere alcuni obiettivi, quali ad esempio l’affermazione della propria identità e la costruzione di relazioni sociali affettive.
Molti ragazzi riescono a raggiungere questi scopi attraverso strade che non mettono in pericolo il loro benessere; sono, quindi, in grado di gestire le ansie e i problemi della trasformazione senza distruggere il loro senso di unità interiore. Altri, invece, non trovano altro modo per realizzare queste aspirazioni se non attraverso delle condotte rischiose. Alcuni comportamenti permettono anche l’identificazione con il gruppo: fumare sigarette, bere, avere rapporti sessuali come fanno i propri amici permette di sentirsi come loro e facilita l’accettazione nel gruppo. Il gruppo dei coetanei ha, infatti, una funzione molto precisa e fondamentale per lo sviluppo e la crescita individuale; nei coetanei il ragazzo ha modo di riconoscere meglio la propria identità di adolescente, ha una conferma di ciò che egli è, per se stesso e per gli altri, ed ha la possibilità di condividere con loro nuove norme e nuove esperienze.
Choquet, Marcelli, Ledoux (1993) sulla stessa linea affermano che l’adolescenza stessa è un rischio, ovvero che non ci sarebbe adolescenza senza assunzione di rischi, a tal punto che un'adolescenza silente, senza nessun colpo di testa, potrebbe anche insospettire.
Jack (1989) ha osservato che l’assunzione di rischi e la "sperimentazione" in genere, durante l’adolescenza, sono considerati comportamenti normali perché aiutano gli adolescenti a raggiungere una sana indipendenza, un’identità stabile ed una maggiore maturità. Anche se l'assunzione di rischi sembra essere una delle maggiori cause di mortalità tra gli adolescenti soprattutto quando sono vittime di incidenti.
Questo autore osservò che anche le gravidanze adolescenziali sono spesso favorite dalla convinzione di una sorta di "immunità personale", come se gli "incidenti", ad esempio, capitassero solo "agli altri", come se si fosse superiori anche al contagio di malattie come l'AIDS, insomma, come se gli eventi negativi reali della vita non riguardassero l'adolescente, che quindi, potrebbe ritenersi sempre al di sopra di tutto questo. Purtroppo le cronache, così come anche i dati statistici, ci mostrano esattamente il contrario.
Tuttavia anche questo punto di vista può nascondere dei rischi: ritenere che l’adolescenza comporti inevitabilmente manifestazioni comportamentali autolesive, può indurre la convinzione che qualsiasi condotta bizzarra e pericolosa rientri nella normalità. Adottando un punto di vista simile, il rischio è quello di minimizzare la gravità di certe manifestazioni, quindi di non prevenire e di compromettere l’avvenire dell’adolescente (Carbone, 2000). Una serie consistente di studi ha evidenziato che i vari “comportamenti a rischio” sono tra loro collegati; tali condotte includono il consumo di alcol, di tabacco e di droghe, il sesso non protetto, la guida pericolosa. Il lavoro di R. Jessor e dei suoi colleghi (1977-1978) propone l’idea che gli atteggiamenti “problematici”, non solo siano spesso correlati, ma indichino anche una disposizione a passare da una forma di comportamento pericoloso all’altra. Emerge, così, un altro aspetto molto importante dei comportamenti a rischio: questi spesso non si presentano in modo isolato, ma si collegano in vere e proprie sindromi, o costellazioni, di differenti comportamenti (Bonino, Fraczek, 1996).
Come emerge dall’indagine della Bonino sui rapporti di coppia (1999), gli adolescenti a massimo rischio, protagonisti di rapporti sessuali promiscui e non protetti, sono altresì maggiormente coinvolti, (rispetto a coloro che si comportano diversamente), negli altri comportamenti azzardati. Nel sottogruppo dei promiscui il consumo abituale di tabacco riguarda il 37% dei soggetti, il consumo di alcol il 60%, e quello abituale di marijuana sfiora il 44%. Ma anche la guida pericolosa e la devianza sono più frequenti fra gli adolescenti promiscui rispetto ai non.
Si riscontrano risultati analoghi anche esaminando la ricerca sul consumo di sostanze stupefacenti. (Bonino, 1999). Gli adolescenti che usano abitualmente marijuana sono in maggior misura forti bevitori, forti fumatori di sigarette e sono maggiormente coinvolti nella guida pericolosa e nell’attività sessuale a rischio. Così anche la guida spericolata, non si presenta come un comportamento isolato. L’esistenza di una costellazione di comportamenti pericolosi è confermata da molte ricerche e porta ad affermare che il tentativo di cambiare un singolo comportamento si potrebbe rivelare inutile, poiché altri comportamenti andranno a sostituire la funzione assolta dal comportamento eliminato. Del resto anche il sistema culturale e sociale sembra dare al concetto di “rischio” significati diversi che in passato. Se un tempo al concetto di rischio erano collegate valutazione negative ed era visto come un “disvalore”, oggi si sta imponendo un modello di derivazione anglosassone che considera il rischio positivamente. Nella pubblicazione “Giovani verso il duemila”, quarto rapporto IARD sulla condizione giovanile in Italia (Buzzi e al. 1997), la diversa percezione del rischio segnala lo spostamento di prospettiva da un orientamento verso traguardi di sicurezza, ad obiettivi nei quali trova spazio il “mettersi in gioco” e il “non accontentarsi”. Molti giovani sembrano essere consapevoli che il saper rischiare faccia parte delle abilità che la società attuale richiede a chi vuole farsi strada nella vita.
Molte possono essere le ragioni che spingono i giovani ad assumere questi comportamenti dannosi, ragioni che possono avere la loro radice in vissuti di malessere che trovano origine in problemi familiari, personali e d'emarginazione sociale. La mancanza di una rete sociale di riferimento o l'incapacità di costruirsi un ruolo sociale, o una propria identità all'interno del proprio ambiente, può portare spesso all'esasperazione di comportamenti adolescenziali e tradursi in fenomeni di abbandono scolastico, apatia sociale e devianza sociale. Pertanto ogni iniziativa di prevenzione con adolescenti deve avere come obiettivo il sostegno in una fase di crescita e di passaggio al mondo adulto.
Prevenire il rischio è possibile, ma non si dovrebbe "correre il rischio" di aggravare la situazione. Utilizzare strumenti preventivi che tengano conto della maggior parte delle variabili implicate nell'insorgenza di tali condotte, che potremmo definire "multi-impulsive", è la condizione necessaria affinché un intervento psicologico preventivo possa essere realmente efficace. Esistono più livelli su cui è possibile intervenire, che schematicamente sono i seguenti: adolescente , gruppo, famiglia, scuola, professionisti della salute. L'intervento psicologico per ridurre tali comportamenti e prevenire il rischio, però, deve essere principalmente rivolto al minore ed ai genitori per fornire loro strumenti adeguati alla gestione di tali situazioni.
Gustavo Mion