Intervista all'avv. Antonio Episcopo

Edmondo CirielliRiportiamo un'intervista ad Antonio Episcopo, candidato PDL alla Regione Campania nel collegio di Salerno, svoltasi nel corso di un dibattito sulla risorsa turistica della costiera cilentana.

Pensa che l'aeroporto di Pontecagnano contribuirà allo sviluppo turisitco del Cilento?
L’aeroporto di Pontecagnano, allo stato attuale, non riuscirà a creare sviluppo turistico per il Cilento. La struttura esistente è l’adeguamento di una vecchia pista per una scuola di volo. Notevoli fondi pubblici investiti per realizzare un aeroporto non idoneo ad accogliere voli turistici.
Qual è a suo avviso lo sviluppo possibile per il turismo sulla costiera del Cilento?
Nel corso degli anni si è investito molto per strutturare un modello turistico ma la qualità della spesa ha creato solo false attese. Lo sviluppo andava organizzato ancor prima che arrivassero i fondi POR, sulla base di una programmazione, questo lo sottolineo, condivisa dal territorio e dalle strutture economiche del territorio.
Investire i fondi per migliorare ed aumentare il target dell’offerta. Così non è stato. Per Palinuro, ad esempio, la necessità di convogliare le acque destinate alla depurazione è venuta solo dopo la realizzazione delle strutture turistiche. Gli investimenti si sono concentrati più nella realizzazione di piazze e strade, opere facilmente riconoscibili dall’elettorato, meno sul piano degli interventi strutturali. La domanda è quindi precipitata perché l’offerta si è abbassata negli anni.
Ora, cosa bisognerebbe fare?
Occorre un progetto strategico per rilanciare l’offerta turistica. Bisogna puntare sulla risorsa ambientale e costruire un modello orientato più sullo sviluppo dei servizi al turismo che sulle bellezze del territorio. Sembra questo il senso opposto rispetto a quello intrapreso dalle soprintendenze che tendono ad imbalsamare il territorio…
In che senso?
Le soprintendenze credono ancora nel vecchio principio secondo il quale è necessario salvaguardare per proteggere. Così facendo si rischia solo di aumentare l’abusivismo edilizio, fenomeno che, proprio perché spontaneo, non può essere controllato né pianificato. Negli ultimi tempi, a leggere anche i fatti di cronaca dai giornali, proprio a sud della costiera cilentana si verificano i maggiori episodi di abusivismo. Non si parla più di ampliamenti, ma, in molti casi, di vere strutture turistico-ricettive. Quindi anziché salvaguardare, il territorio viene posto alla mercè di gente, il più delle volte neanche locale, che investe qui fondi cospicui.
Come si può uscire da questo empasse?
Bisogna cominciare ad investire sul sociale, realizzare strutture funzionali ad assicurare servizi per il turismo. E’ necessario creare i presupposti, anche grazie ai nuovi fondi europei, gli ultimi disponibili, per recuperare: bisogna costruire le infrastrutture che mancano. L’obiettivo a breve è mettere in sicurezza il territorio; mi riferisco, ad esempio, all’Arco Naturale, ancora interdetto ai turisti. Bisogna prevedere un sistema efficiente di trasporto, adeguare la struttura portuale, ed investire su tutto ciò che è funzionale al turismo.
Altro elemento importante è ridare fiducia ad un sistema economico locale: è necessario che le opere vengano progettate e realizzate da professionisti ed imprese locali. Questo è il modo per ossigenare un sistema economico, in evidente crisi, dove domanda ed offerta turistica non si incontrano più sul mercato.
Ma chi deve pensare a questi progetti strategici?
Finora la Regione ha svolto un ruolo di gestione, spesso senza pianificare. Ora deve assumere un ruolo di governance. La nuova Regione deve programmare. Bisogna che la Regione Campania pianifichi un serie di interventi strategici che vanno dalla portualità turistica come primo effetto di permeabilità del territorio, al sistema diffuso della ricettività su uno spettro più ampio dei soli due mesi estivi.
Abbiamo un patrimonio di risorse che va oltre le bellezze ambientali, l’enogastronomia e le tradizioni, ad esempio, sulle quali investire per flussi turistici del week-end. Per far questo è necessario aver un piano di sviluppo territoriale che guardi alla fascia costiera, ma riesca ad allungare l’ottica anche verso l’interno.