CAMEROTA: SOCIETÀ PUBBLICA PER LA GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI

Il sistema dei servizi pubblici locali è stato oggetto, negli ultimi anni, di profonde innovazioni, dettate dalla normativa, sollecitate dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria, sostenute dalla trasformazione delle esigenze e dei contesti socio-economici di riferimento. In questo quadro in evoluzione il dato più significativo è senza dubbio l’affermazione di un modello organizzativo-gestionale, adattabile ai servizi pubblici locali a rilevanza economica e non: la società di capitali. Gli assetti normativi che codificano le principali linee strutturali del sistema individuano nel “modulo societario” la soluzione ottimale per la gestione e per l’erogazione dei servizi. Rispetto a quest’ultimo versante, peraltro, assumono notevole importanza le strategie orientate alla costituzione di società chiamate a gestire servizi di natura economica e sociale, quindi “valori” con risvolti positivi per le comunità locali. L’attenzione per la società come “strumento” di intervento “forte” è sostenuta anche dai numerosi elementi normativi di impulso per processi di ottimizzazione delle risorse, correlabili ai servizi pubblici.
A fronte di questo quadro evolutivo, gli Enti Locali sono chiamati ad operare scelte strategiche, dovendo tener conto del ruolo che essi stessi assumeranno nei confronti delle società per servizi pubblici locali (“holding” e “soggetti regolatori”).
La costituzione delle società di capitali per la gestione di servizi pubblici locali si pone quindi come processo da gestire con particolare attenzione, con adeguate modulazioni (ad esempio riferibili alla scelta della configurazione come S.p.a. o S.r.l.) e con una prospettiva impegnativa: il confronto con il mercato.
Le Amministrazioni sono quindi chiamate a disegnare le strategie (indirizzi per le trasformazioni del sistema, scelta del modello, ecc.), nonché per “tradurle” sul piano operativo-strutturale (statuto, patti parasociali, schema di business plan, ecc.) e su quello delle interazioni di servizio (affidamento, contratto di servizio, ecc.). Lo sviluppo delle iniziative per la costituzione di Società partecipate devono peraltro ricondursi in piena rispondenza al quadro normativo di riferimento ed in particolare a quanto assestato dalla riforma del diritto societario definita con il d.lgs. n. 6/2003, operativa dal 1 gennaio 2004.
L'articolo 14 della legge n. 326/2003 delinea una riforma sostanziale del quadro normativo di riferimento per i servizi pubblici locali, integrando e modificando gli elementi strutturali definiti dall'articolo 35 della legge 448/2001. Le innovazioni, derivanti dall'esigenza di dare risposta a sempre più pressanti richieste di liberalizzazione, sostenute particolarmente a livello comunitario, definiscono tuttavia regole molto garantiste, nel tentativo di contemperare principi concorrenziali con elementi tipici di un contesto nel quale gli enti locali faticano ancora a produrre delle strategie di privatizzazione.
Le linee guida che caratterizzano le nuove disposizioni, incidenti sulla formulazione degli articoli 113 e 113-bis del dlgs 267/2000, nonché su alcuni profili dell’articolo 35 della legge 448/2001 evidenziano non solo la ridefinizione dei parametri classificatori dei servizi pubblici locali (con riferimento al criterio della rilevanza economica), ma soprattutto il riassetto dei modelli di gestione dei servizi, con prevalente orientamento verso gli organismi societari. Il secondo profilo sulla quale il legislatore è intervenuto in maniera significativa è la ricomposizione delle forme di gestione dei servizi pubblici locali, sia a rilevanza economica che privi di tale caratteristica. Dalle disposizioni di riforma emerge comunque una preferenza del legislatore per un modello di gestione impostato sulle società di capitali, rispetto al quale viene ad essere sviluppata una rivitalizzazione delle società a capitale interamente pubblico. Le disposizioni di riforma contenute nel comma 1 dell’articolo 14 del dl 269/2003 prefigurano un modello particolare di società di capitali a partecipazione totalitaria di capitale pubblico cui può essere affidato direttamente il servizio, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano
Si tratta di un modello strutturato su presupposti enucleati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale con riferimento all'affidamento in house, ma tale soluzione dovrà essere messa alla prova su vari versanti, dovendosi tenere in considerazione i profili di criticità emergenti proprio a livello comunitario (si pensi alla netta contrarietà agli appalti affidati in forma diretta nella posizione comune espressa sulla proposta in evoluzione di una direttiva in materia). In ordine all’esercizio del controllo da parte delle amministrazioni partecipanti, è presumibile che gli statuti debbano recare disposizioni adeguate per la regolazione delle dinamiche istituzionali, a loro volta assestate anche nei patti parasociali. Sotto altro profilo, la società dovrà caratterizzare la propria attività proprio facendo leva sulla produzione dei servizi ad essa affidati, i quali andranno a costituire la linea di sviluppo più significativa, non potendosi tuttavia escludere in capo all’organismo societario (in forza della sua stessa configurazione) la realizzazione di altre attività di natura commerciale, tipiche di un simile soggetto.

Antonio Romano