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giugno 2006
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REFERENDUM SULLA NUOVA COSTITUZIONE

PERCHÉ VOTARE SÌ ALLA RIFORMA VOLUTA DALLA DESTRA

Domenica 25 e lunedì 26 giugno 2006 si voterà per il referendum confermativo della riforma della seconda parte della Costituzione, varata dal governo di centro-destra. Trattandosi di un referendum confermativo, esso non è soggetto alla regola del raggiungimento del quorum, cioè sarà sempre valido, anche se voteranno meno del 50% degli aventi diritto più uno, cioè anche se votasse una sola persona. Quindi, per far valere la propria opinione, è indispensabile andare a votare.
La sinistra, come ha sempre fatto per partito preso contro tutte le novità ed i progressi introdotti dal governo Berlusconi, ha cercato di demonizzare questa riforma della Costituzione. Al posto della parola italiana “federalismo”, è stata introdotta “devolution”, che, pur nella sua brutta traduzione “devoluzione”, risulta praticamente incomprensibile ai più. La sinistra ha detto che con questa riforma si sarebbe spaccato il Paese, che avremmo perso l’unità nazionale, che la devolution sarebbe stato lo strumento con cui il nord ricco avrebbe abbandonato a un destino di miseria e di sfruttamento il sud meno fortunato. Tutte stupidaggini: il federalismo non è che una minima parte della riforma e riguarda soltanto il Senato, che, mentre oggi è un doppione della Camera dei Deputati (rallentando così l’attività legislativa, perché ogni legge deve essere discussa e approvata almeno due volte, se va tutto bene), domani diventerà un Senato federale, perché sarà costituito dagli eletti delle singole Regioni. E queste potranno così realmente governare il Paese secondo le proprie necessità, mentre oggi spesso sono solo dei carrozzoni politici, spesso buoni solo ad accrescere la spesa pubblica. E inoltre, con la riforma del centro-destra, le Regioni avranno avranno competenza solo sulla sanità, sull’istruzione e sulla sicurezza, sempre nei binari delle leggi dello Stato centrale, dalle quali non si potrà derogare. Le Regioni non avranno invece più competenza sulla miriade di questioni più o meno secondarie che, creando pasticci e continui contenziosi con il governo centrale, rallentano oggi l’attività di governo sia regionale che centrale.
E con questo, il discorso sul federalismo è completo: quindi nessuna rinuncia dell’autorità dello Stato, nessuna minaccia all’unità della patria italiana. Del resto, se guardiamo agli Stati Uniti d’America, laggiù hanno più di cinquanta stati (non regioni) indipendenti e nessuno, ma proprio nessuno, ha mai il minimo dubbio di essere americano e basta. Forse perché lì – beati loro! – al governo non hanno nessun partito che usa come simbolo una bandiera diversa da quella nazionale. Lì hanno tutti, ma proprio tutti, le stelle e le strisce; qui, invece, c’è chi al tricolore preferisce la falce e martello. Mi sembra un incubo!
Ma torniamo alla riforma della Costituzione. Un altro vantaggio non indifferente dell’istituzione del Senato federale è la drastica riduzione (quasi un dimezzamento) dei parlamentari, dagli attuali 1300 circa, ai 518 deputati ed ai 252 senatori federali previsti dalla riforma. Se consideriamo che un membro del Parlamento prende almeno 20.000.000 di vecchie lire di stipendio base mensile, a cui bisogna aggiungere le spese, difficilmente quantificabili, ma certamente superiori, la riforma potrebbe contribuire a sanare il debito pubblico. Per convincersene basta fare un piccolo calcolo: 1300 – 518 – 252 fa 530, che sono i parlamentari in meno, pari a 530 x 20 milioni = 10 miliardi e 600 milioni di vecchie lire risparmiate al mese, che all’anno (tredici mensilità) fanno 137 miliardi e 800 milioni. E non abbiamo considerato le spese di viaggio, di auto blu, di alberghi, ristoranti, cancelleria, e chi più ne ha più ne metta. Non male, vero? E in cambio di questo risparmio si avrà uno snellimento dell’azione legislativa e di governo, perché le leggi approvate dalla Camera non dovranno andare all’esame del Senato (ed eventualmente tornare indietro) ed inoltre i cittadini, avendo eletto direttamente i propri rappresentanti regionali al Senato nazionale, avranno più controllo diretto sul governo della nazione. In parole povere, la democrazia aumenterà, così come aumenterà perché – sempre grazie alla riforma – i cittadini eleggeranno direttamente il Presidente del Consiglio, cioè il Primo Ministro, il quale per di più non potrà più essere cambiato in corsa con maneggi parlamentari e transumanze varie, grazie alle cosiddette norme anti-ribaltone.
Queste le novità più importanti: un vero progresso, un salto verso un’Italia più giusta, più democratica, più moderna. E pensare che quelli che si oppongono al nuovo, tra gli innumerevoli nomi che hanno assunto, si son voluti fregiare dell’attributo di “progressisti”. Ma quale progresso! Il progresso, il futuro siamo noi! I sinistri si oppongono in malafede e per partito preso, in odio alla destra distruggerebbero l’Italia. Mettiamoli in condizione di non nuocere! Andiamo a votare SÌ al referendum del 25 e 26 giugno prossimi; perdiamoli cinque minuti al seggio la mattina presto e poi dopo, ma solo dopo aver votato SÌ, andiamocene al mare e divertiamoci! Alla faccia di chi vuol male a noi e all’Italia intera.

P.V.