Convento di Centola: assolti il Vescovo Favale e Romano Speranza

Il Tribunale di Vallo della Lucania, giovedì 9 marzo scorso ha posto finalmente fine alla nota vicenda relativa alla ristrutturazione del convento di S.Francesco in Centola. I fatti risalgono a ben quindici anni fa, e precisamente al settembre del 1990. L’allora sindaco Romano Speranza, grazie all’On. Francesco Curci, sottosegretario ai LL.PP., si adoperò per la concessione di un contributo di circa 1.000.000.000 di vecchie lire ripartito in tre trance di cui la prima di Lire 273.000.000. Il parroco don Giovanni Cammarano, per il 1° lotto, fece redigere dall’arch. Marilena Cantisani un progetto che prevedeva, tra l’altro, la realizzazione di una sala parrocchiale per circa 300 persone. Un’esigenza questa particolarmente utile in Centola cap. priva di una qualsiasi struttura per incontri e riunioni. Contemporaneamente, nel ’90, l’amministrazione Speranza, d’intesa con il parroco don Giovanni, realizzò la pavimentazione del piazzale antistante il convento. Questo fatto però non fu di gradimento al dott. Antonio Pinto, il quale riteneva di avere un personale diritto di parcheggio sulla detta piazza, a servizio della propria abitazione realizzata  accanto al convento,  per cui la pavimentazione lo avrebbe danneggiato. Di qui una causa contro il Comune e contro don Giovanni, il cui esito negativo dinanzi il Pretore di Pisciotta inasprì i rapporti  del dott. Pinto soprattutto nei confronti del parroco, sfociati in numerose denunce contro il rev. Cammarano. A seguito di una di queste denunce, dimostratasi infondata, pende ancora, dinanzi il Tribunale di Vallo, un processo per calunnia contro il dott. Pinto. Sempre per  il contrasto con don Giovanni, il dott. Pinto fece una serie di denunce per i lavori di restauro del convento, per cui venne aperto un processo contro il parroco, il vescovo di Vallo mons. Giuseppe Rocco Favale, l’allora sindaco dott. Romano Speranza e l’arch. Cantisani. La Procura della Repubblica, ritenendo di non poter sostenere l’accusa, chiese per ben tre volte l’archiviazione, però sempre respinta dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), dott. Sgroia, che dispose, con circostanziate e lunghe ordinanze, altre indagini ed alla fine, con una requisitoria di ben 24 pagine e circa 1200 righe, obbligò la Procura a formulare dei capi d’imputazione a carico dei quattro indagati (Favale, Speranza, Cammarano e Cantisani) ipotizzando una serie di reati, dalla truffa all’abuso di uffico ecc., e creando dei teoremi accusatori a dir poco stravolgenti. Con questi capi di imputazione i nostri quattro perseguitati (è il caso di dirlo) andarono a giudizio dinanzi al giudice dott.ssa DE STEFANO, la quale smontò completamente le tesi accusatorie del dott. SGROIA e con sentenza del 9.11.2001, assolse i quattro imputati  PERCHE’ IL FATTO NON SUSSISTE. Ora sarebbe troppo lungo, ma soprattutto pericoloso alzare certi veli pietosi su questa singolare vicenda. Singolare per molti versi. Per come è nata (ricorsi del dott. Pinto), e per come si è sviluppata in seguito. Ricordiamo solo che il vescovo Favale è stato segretario del cardinale Giordano, all’epoca indagato ed imputato dalla Procura di Lagonegro, per essere poi assolto dal Tribunale di Lagonegro e dalla Corte d’Appello di Potenza. Sta di fatto che, avverso la sentenza di assoluzione del GUP De Stefano, propose appello la Procura Generale della Corte d’Appello di Salerno, con un ricorso di ben 17 pagine. Come ha riferito in udienza l’avvocato Sabato Romano, difensore del vescovo, mai la PG ha scritto tanto per un appello, neppure in casi di omicidio o camorra! Dopo numerose udienze, la Corte d’Appello di Salerno in data 24.6.2006, dopo ben 4 ore di camera di consiglio, accogliendo il ricorso della PG, dispose il rinvio a giudizio e quindi che si celebrasse il processo dinanzi al Tribunale di Vallo della Lucania. Qui ci sono state numerose udienze con l’audizione di numerosi testi, anche del Pinto, la cui audizione è stata ritenuta poco credibile dal Collegio, tanto che sono stati convocati successivi testimoni. Il PM dott. Martuscelli ha concluso per l’assoluzione degli imputati. L’avv. Raffaele Riccio, in difesa dello Speranza,  ne ha chiesto l’assoluzione, chiedendo alla corte una sentenza di proscioglimento anche in nome di don Giovanni, nel frattempo deceduto. Anche l’avv. Felice Leonasi (per Cantisani) e l’avv. Sabato Romano (per il Vescovo) hanno concluso per l’assoluzione dei loro assistiti. Il Tribunale ha emesso alla fine sentenza di assoluzione, confermando in sostanza la precedente sentenza del GUP. Ma a margine di questo lungo processo vanno necessariamente fatte alcune riflessioni:

  1. L’ingraditudine di troppi centolesi nei confronti di don Giovanni. Anzitutto del Pinto, che pur era stato amorevolmente ospitato  presso il convento per circa 5 anni!  Ricordiamo che questo medico, candidato finanche a Sindaco di Centola, aveva preteso lo smantellamento della pavimentazione dinanzi al convento quale contropartita per non far cadere nel 1992 l’amministrazione Speranza, come accertato anche in corso di causa. E i nuovi amministratori, in primis il buon Giovannino, l’accontentarono, se pur parzialmente, approfittando ignominiosamente del ricovero in ospedale di mons. Cammarano!
  1. Cosa resta di questa lunga vertenza giudiziaria, dei ricorsi e dispetti del dott. Pinto? Certamente che la comunità di Centola cap. ha perduto l’occasione di vedere avviati i lavori di restauro del convento e la realizzazione di una bella sala dove circa 300 persone potevano incontrarsi per  motivi diversi.  Di tutto ciò Centola tutta dovrà dire: grazie dott. Pinto!

Noi invece, nel rallegrarci per questa 432/ma assoluzione (a conclusione della stagione dei processi), cogliamo l’occasione per rivolgere un sentito ed affettuoso pensiero a don Giovanni Cammarano che certamente da lassù  ci ha protetti ed ora ci sorride. Grazie, don Giovanni, per tutto quello che hai fatto per Centola e  Palinuro nei 50 anni di parroco.

                                                                                                    Renzo Ramon Pasa