Niente depurazione, niente canone

Abbiamo ricevuto una lettera da un cittadino di Palinuro (A. E.), con allegato un ritaglio di giornale, che tratta del pagamento del canone per la depurazione delle acque reflue. Una sentenza della Suprema Corte di Cassazione (la n.018699 del 16-9-2004), stabiliva che il contribuente deve corrispondere alla pubblica amministrazione il canone per la depurazione delle acque solo se il servizio è attivo e l’utente può effettivamente servirsene. Questa non è la situazione di Centola, le cui acque fognarie non vanno al depuratore, ma vanno a finire nel vallone Malitto, quindi nel fiume Lambro e poi al mare. La situazione è simile anche nelle frazioni e, pure a Palinuro, solo una parte delle abitazioni è allacciata alla rete fognaria che porta al depuratore. Siamo andati a verificare la cosa presso l’Ufficio tributi, ma abbiamo trovato un’altra sentenza della Cassazione, emessa pochi mesi dopo, (sentenza n.96 del 4 gennaio 2005), che contraddice la precedente, ed afferma che l’obbligo di corrispondere il canone di depurazione prescinde dall’effettiva utilizzazione del servizio, anzi, dalla stessa possibilità concreta di utilizzarlo. Quindi, la tariffa è dovuta, anche nel caso la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o l’utente non sia allacciato alla rete fognaria. La materia è regolata dall’art.14 della legge 5 gennaio 1994, n.36; che rileva, anche, che i proventi dei canoni dovuti dai contribuenti, in caso d’inesistenza dell’impianto, affluiscono su di un apposito fondo vincolato, e sono destinati, esclusivamente, alla realizzazione ed alla gestione delle opere e degli impianti centralizzati di depurazione. In base a questa legge, il servizio di depurazione delle acque reflue costituisce un servizio pubblico irrinunciabile, che gli enti pubblici sono tenuti ad istituire, ed alla cui gestione i potenziali utenti sono tenuti a contribuire attraverso il versamento di un canone, anche quando il servizio stesso non sia stato ancora istituito.

G.M.