Voglio cogliere al balzo con il mio intervento l’invito ai giovani di Palinuro lanciato nello scorso numero di Hermes, precisando innanzi tutto che la gioventù palinurese non è nata morta e, nel caso possa apparire come tale, la colpa è solamente dei grandi, capaci soltanto di diffondere ciarle, senza offrirle alcuno spazio e senza garantirle i dovuti strumenti per sensibilizzarla alle potenzialità ed alle problematiche del territorio. Sono proprio i grandi i primi a doversi passare la mano sulla coscienza. E’ ormai retorico guardarsi intorno ed accorgersi dei problemi che da troppi anni stringono nella morsa un’intera popolazione, dal più giovane al più anziano. Sarebbe ora il caso di cominciare a depennare qualche voce dalla lista delle lacune del nostro distretto, invece di continuare a piangerci addosso, fare il gioco dello scaricabarile e mettere da parte quell’omertà comune un po’ a tutti, che ci impedisce di assumerci le responsabilità, me compreso. L’anno appena iniziato è idolatrato dai più come quello della svolta e della consacrazione per il Cilento, e nello specifico per Palinuro, data l’imminente apertura dell’arteria extraurbana nota come “Cilentana”, conciata a vero e proprio vessillo di tante, troppe campagne elettorali sia provinciali che regionali e che potenzialmente rappresenta davvero il mezzo, che più di ogni altro permetterebbe alla nostra terra di risalire la china, dopo tante lune nuove tinte di sopite speranze o di crescente degrado. La Cilentana è un’illusione mitizzata ad arte soprattutto dagli amministratori locali (a destra e a manca), o chi per essi, per far superare nelle menti di noi cittadini quelle che sono e che saranno ancora, dopo l’inaugurazione di giugno (ma si vocifera qualche mese più tardi), le questioni che hanno ridotto al ridicolo il nome di Palinuro. Dal primo degli amministratori all’ultimo dei palinuresi, ci arrampichiamo sul brillante specchio della superstrada, come se questa, una volta funzionale, rappresentasse il punto di arrivo per il nostro sviluppo, perché immancabilmente fiumi di turisti si riverseranno a Palinuro e fiumi di quattrini rimpingueranno le nostre tasche. Tutt’altro. L’avventata apertura (si fa per dire: 30 anni di attesa sono molti) di un’arteria viaria di così singolare importanza non farà altro che evidenziare agli occhi dei vacanzieri l’arretratezza e lo stallo stagnante di un centro turistico come il nostro, rimasto impantanato nel radioso ricordo (mito?) del Club Med, il quale forse ci ha dato un’immeritata fama, perché incapaci di gestirla. E così schiere di turisti partenopei (ormai questo è il nostro target) potranno godersi “la viabilità in cattivo stato, i rifiuti in bella mostra, il cattivo arredo urbano e pubblico, la rete fognaria insufficiente, la mancanza di un porto sicuro per le imbarcazioni, l’assenza di un programma di intrattenimento degno di nota”. Negli anni poco o nulla si è fatto per costruire un sistema stabile rivolto allo sviluppo turistico, che sappia fondere le esigenze dei villeggianti in primis e del mercato in secundis, mentre il mondo attorno gira sempre più ad alta velocità. Il mio j’accuse, che ovviamente coinvolge anche me, è diretto prima di tutto ai cittadini palinuresi, negligenti e/o troppo egoisti per potersi accollare la responsabilità di proporre e farsi partecipi di programmi ed iniziative che sappiano stimolare l’interesse di amministrazioni locali e dei governi provinciali e regionali fatalmente vaganti nei meandri della burocrazia, delle promesse mai concretizzate, delle chiacchiere gratuite scalfite dal vento della superficialità e degli interessi elettorali e di partito, che hanno fatto del clientelismo l’arma di distruzione di tutto il territorio. Nessuna risposta si può ottenere senza prima porre delle domande. E la colpa dei palinuresi è questa: non aver preteso negli anni, da chi aveva ricevuto il loro voto o da chi, in ogni caso, li governa e li rappresenta, delle risposte a quesiti mai posti. Tempo fa qualcuno inneggiava alla rivoluzione, senza essersi accorto che il mondo è cambiato e che del ’68 (ad esempio) rimangono soltanto le righe nelle pagine dei libri di storia. Non occorrono Guevara o Masaniello…, qui si tratta di costruire un sistema in pianta stabile mai esistito e bombardato alla base ogni volta che si è tentato di metterlo in piedi. Basterebbe edificare una macchina di sviluppo che coinvolga parimenti albergatori, commercianti, ristoratori, pescatori…; e ciò doveva già accadere dagli anni pre-Cilentana, quando l’apertura della superstrada era mera utopia, per non trovarsi ancora una volta oggi a dover inseguire la furiosa corsa della concorrenza. Per raggiungere tali risultati bisogna che il cittadino sia coinvolto nella vita collettiva, bisogna che sia informato e stimolato affinché autonomamente riesca ad informarsi. Si ha la necessità, per evitare ancora una volta di rimanere immersi nel pantano, di cominciare a far politica sul serio, perché fino ad oggi quella nostrana è stata meno che politica.
Raffaele Greco