Morire con il sole: la storia di un martire cilentano del 1828
Alcuni
mesi fa, a Vallo della Lucania, per caso, ho conosciuto Omar Pirrera; mi è
stato presentato da un amico comune. Camminando per il corso, mi ha parlato con
molto disincanto, quasi scoraggiato, della situazione politica e sociale del
Cilento. Arrivati alla libreria che gestisce, mi ha regalato un libricino,
piccolo ma ricco di contenuto, una sua composizione poetica scritta anni fa sull’ultima
notte del Canonico Antonio Maria De Luca, martire dei moti cilentani del 1828.
Questo libro mi è capitato fra le mani alcuni giorni fa, l’ho riletto, mi ha
colpito ed emozionato, sicché, in una notte in cui prestavo servizio in
ospedale, ho scritto queste righe pensando di condividere con voi, almeno in
parte, le riflessioni e l’arricchimento culturale che mi ha trasmesso. Il
libro è costituito da tre parti: oltre al componimento poetico di Pirrera, c’è
la magistrale nota storica di Giuseppe Stifano che descrive le vicende dei moti
del Cilento e il ruolo della grande figura morale del Canonico De Luca, che,
consapevole del grave stato di precarietà e d’abbandono in cui versava la sua
terra "pavida, inoperosa, che vive di solo pane", cercò di far uscire
il popolo dal suo torpore e di inculcargli l’amore per la libertà e per la
dignità dell’uomo. Questo eroe cilentano venne fucilato dopo aver subito un’infamante
sconsacrazione, con l’asportazione dei polpastrelli, da parte del vescovo di
Salerno mons. Alleva. Il senso profondo della Poesia di Omar Pirrera è svelato
nella bella e acuta presentazione di Vincenzo Guarracino, poeta e critico
letterario. Guarracino dice: per il Poeta non ha senso la "vita
taciuta", per chi abbia degli autentici valori morali e culturali il
silenzio, "l’automutilazione della parola", è una colpa e una
condanna insopportabile. Il Poeta deve parlare e comunicare attraverso la
scrittura "la propria sostanza di uomo, la propria passione intellettuale e
morale, dire ciò che gli altri tacciono e simulano per convenienza, per
vigliaccheria, dirlo anche a costo dell’incomprensione e della
solitudine". "Il diritto di parlare gli deriva non dal possedere la
verità, ma dal fatto di cercarla, in un mondo, mercificato e compromissorio,
che si ostina a non cercarla". "Parlare per comunicare ad una
comunità di spiriti fraterni, parlare per costruire un civile sentire, un’empatia
di valori e d’intenzioni": è questo ciò che Pirrera ha perseguito in
questi anni. In "MORIRE CON IL SOLE", l’Autore traccia il percorso
di un Uomo che si trova di fronte alla morte. E’ tentato di lasciarsi andare
alla disperazione e alla resa, ma passa, dal timore per un evento che
"gridava il fallimento di ogni speranza", alla certezza che, dalla
sconfitta, "dalla polvere impastata con il nostro sangue e con le nostre
lacrime", nascerà l’uomo nuovo. Con l’aiuto della fede cristiana, egli
riesce ad affermare la consapevolezza che, se si affronta l’esperienza della
perdita di ciò che abbiamo di più caro, (una persona, la nostra dignità, la
nostra stessa vita), come un rito di passaggio, si può arrivare ad una nuova
visione della vita, ad una crescita interiore, ad un salto di qualità nella
nostra esistenza. Proprio nel momento della sconfitta si vede il coraggio, la
grandezza di una persona; così il nostro Eroe riesce ad andare incontro all’ultima
prova sorridendo "come quando prendere un veliero per affrontare un lungo e
misterioso viaggio di piacere, al di là di questo spazio e di questo tempo, per
esplorare l’incontaminato, l’assoluto amore che tutto perdona e
consola".
G.M.