Sulla rotta del Leone di Caprera

Né sfida da vincere, né impresa da emulare. O meglio, almeno ad ascoltare il protagonista, né l’una, né l’altra, sembrano rappresentare la molla che ha fatto scattare la voglia di prendere il mare. Di aprire quel cassetto dei sogni d’infanzia e tirarne fuori un desiderio a lungo accarezzato e altrettante volte rimandato. Se di sfida si può parlare, la traversata oceanica in barca a vela che questo skipper cilentano si prepara ad affrontare in solitario è prima di tutto un confronto con se stesso e la strada, meglio sarebbe la rotta, per sublimare l’amore che lo lega con il mare. "Sul mare sono nato, con esso ho giocato e lavorato. La solitudine dell’Atlantico mi affascina, è giunto il momento di specchiarmi dentro i suoi riflessi, di misurarmi con il suo respiro", spiega il 59enne Pino Veneroso dando voce ai suoi sentimenti e disegnando i contorni di ciò che si appresta a fare e di questo progetto elaborato in collaborazione con il Circolo Nautico "Portosalvo - Girolamo Vitolo" di Marina di Pisciotta, il Centro Studi e Ricerche "Publio Virgilio Marone" di Palinuro, "Pisciotta on-line", la "Emc Ermanno Montuori Comunicazioni", e la "Lega Navale Italiana". Il periodo della partenza è ormai fissato, la rotta da seguire già tracciata confidando negli Alisei per gonfiare le vele dello "Jutta", lo sloop di nove metri che attende paziente le ultime operazioni di verifica. Per incrociare i venti favorevoli a spingerlo verso le coste del Sud America, Pino Veneroso salperà da Marina di Pisciotta a fine luglio prossimo per trovarsi pronto all’appuntamento autunnale alle Canarie. A Natale tappa sulle coste venezuelane di Caracas e poi giù giù verso Montevideo, in Uruguay, facendo scalo in quegli stessi porti sudamericani, che in passato hanno rappresentato il punto d’arrivo dei grossi piroscafi stracolmi di emigranti italiani e cilentani che oltre Atlantico avevano spinto piccoli sogni e grandi ambizioni. Un percorso a ritroso verso le proprie radici, che Veneroso intende percorrere fino in fondo portando dall’altra parte dell’Atlantico il calore del Cilento. E non solo. Si parlerà in gran parte cilentano anche nella cambusa dello "Jutta", dove troveranno posto i prodotti tipici di questa terra conservati o trasformati seguendo antiche tecniche tramandate di generazione in generazione. Pur non essendola, ad un’impresa guarda questa traversata oceanica in solitario e in qualche modo ne segue la rotta. L’impresa, "ineguagliabile per tecnica e perizia" confida Veneroso, è quella del "Leone di Caprera" consegnata agli archivi da 123 anni. Anche allora, correva l’anno 1880, un cilentano, quel Pietro Troccoli originario di Marina di Camerota, si trovò a sfidare l’Atlantico a bordo di un guscio di noce insieme all’anconetano Grassoni e al comandante Fondacaro, calabrese di Bagnara Calabra, che aveva progettato e realizzato lo scafo.

Da Montevideo salpò quel vecchio "Leone" per affrontare incognite e difficoltà di una traversata lunga 5 mila miglia o giù di li. A Montevideo concluderà il suo confronto con l’Atlantico il cilentano Pino Veneroso. Poi, oltre le coste uruguaiane sarà un’altra storia. Una nuova sfida. Questa volta con il fragore dei marosi dell’Atlantico e del Pacifico che schiumano per contendersi il dominio del mare al largo di Capo Horn.

Franco VITA