16 ottobre 2024

Libano, Hezbollah, Israele e Unifil

di Pietro Lignola

Cari amici lettori,

erano mesi, ormai, che mi ponevo due domande sulla missione Unifil in Libano, la quale comprende, come sapete, un forte contingente di soldati italiani.

La prima domanda era: quando il conflitto fra Israele e Hezbollah avrebbe coinvolto quel piccolo esercito dell’Onu. schierato sul confine? La risposta è arrivata con l’autunno: il conflitto si è aperto, come non poteva non accadere, poiché il contingente è schierato fra due eserciti in guerra, che non intendono assolutamente fermarsi per rispetto all’Onu. e alle nazioni coinvolte.

La seconda domanda, strettamente collegata alla prima, era: a cosa serve il piccolo esercito della missione Unifil, che ormai da diciotto anni coinvolge molte nazioni, fra cui l’Italia?

La risposta era: a nulla. Risposta che non è cambiata, né può subire mutamenti.

Sappiamo bene che i “contingenti di pace”, inviati per conto dell’Onu. costano molti quattrini alle nazioni chiamate a parteciparvi e, spesso, anche vite umane, come assodato dalle pubbliche denunzie che sono costate al generale Vannacci le persecuzioni delle autorità superiori nei suoi confronti. Sappiamo anche che molti di essi, come in Somalia, si sono conclusi con un totale fallimento.

Procediamo, allora, con una ulteriore domanda: cosa avrebbe dovuto fare l’Unifil in Libano? Compito principale della missione è quello di monitorare la cessazione delle ostilità e di assistere l'esercito libanese ad esercitare la sovranità nel Paese e a imporre il disarmo dei gruppi armati in Libano. Noi sappiamo, però, che l’esercito libanese non controlla nulla, anzi, è a sua volta in parte controllato dalla organizzazione terroristica sciita, che ha fortemente inciso sulla nazione libanese. Il Libano, che nel secolo scorso era un paese libero, ricco e felice, è ora ridotto molto male, assai peggio di quando era una colonia francese.

Queste cose l’Onu non le sa? Perché, allora, ha lasciato per diciotto anni le cose come stavano? Perché non ha cambiato le “regole di ingaggio”?
Noi non sappiamo come sia avvenuto, ma sappiamo che nella zona da controllare i terroristi hanno scavato un tunnel simile a quello usato da Hamas per la strage del sette ottobre. In questo tunnel, custodito da un solo terrorista forse per le perdite recentemente subite ad opera dell’Idf (Forza di difesa israeliana), vi erano  depositate armi, munizioni e mezzi di locomozione. L’Unifil non se n’è accorta? Solo ora si è accorta che la strada di accesso alla sua base era stata minata. Che fanno allora i nostri (e gli altri) soldati mentre rischiano la vita? Giocano forse a carte? Mandano cartoline a casa?

L’Onu deve chiudere questa inutile e costosa missione “di pace”, che nulla ha fatto per ostacolare la guerra. Ma ha già detto che non lo farà. Non è pensabile, del resto, che, improvvisamente, l’Unifil disarmi i terroristi, cosa che non ha fatto in diciotto anni e non è in grado di fare. Sapendo che non lo farà, deve essere l’Italia a richiamare in patria il proprio contingente, evitando perdite umane. Quest’ultima soluzione mi sembra l’unica praticabile in tempi utili, data l’incapacità dell’organizzazione internazionale, i cui organi locali (ma anche certi dirigente e portavoce) sembrano tutti appartenere ai gruppi terroristici.

Il nostro governo, al contrario proclama unanime che le cose debbono rimanere come stanno.

Il Libano, cioè, deve continuare ad essere governato di fatto da Hezbollah, i terroristi devono continuare a lanciare droni e missili su Israele. E se l’esercito israeliano avanza per fare ciò che l’Unifil doveva fare, come certamente accadrà, cosa debbono fare i nostri soldati? Combattere contro l’Idf? Farsi ammazzare per difendere i terroristi?

No, Meloni No, Tajani. No, Crosetto. Gli italiani non vi hanno mandato al governo per difendere i terroristi. Voi rappresentate i cittadini, non quei quattro scalmanati che si battono per i “palestinesi”. Lasciate che a seguire costoro siano la Schlein, Conte, Bonelli e Fratoianni. Altrimenti ha perfettamente ragione la maggioranza degli astenuti dal voto. Altrimenti aveva ragione Mark Twain, “se votare servisse a qualcosa, non ce lo lascerebbero mai fare”.

E, cara Giorgia, se rivalutare l’Italia fra le nazioni significa seguire pedissequamente Onu, Usa e Europa, tutto quello che stai lodevolmente facendo non serve a nulla.