È iniziato oggi un periodo forte dell'anno liturgico della Chiesa cattolica dedicato al digiuno e alla penitenza. Si tratta di un cammino che prepara alla celebrazione della Pasqua, che è la più importante e il culmine delle festività cristiane.
Esso ha inizio il mercoledì delle Ceneri e termina il Giovedì Santo.
Il termine "Quaresima" ha soltanto una connotazione numerico-quantitativa e deriva dal latino "quadragesima" (sottinteso "dies", che significa giorno) e vuol dire "quarantesimo giorno". Il termine è riferito ovviamente al tempo intercorrente tra oggi, mercoledì delle Ceneri, e, come già detto sopra, il giovedì Santo.
Vi è nella tradizione religiosa ebraico-cristiana un significato simbolico particolare da attribuire al periodo temporale di 40 giorni: esso rappresenta l'attesa, la prova, il digiuno, ma anche il passaggio a una condizione di vita nuova.
Cito solo qualche esempio:
- i 40 giorni di durata del diluvio;
- i 40 giorni trascorsi nel deserto da Gesù prima dell'inizio della sua predicazione;
- i 40 giorni trascorsi da Lui in Terra dopo la sua Resurrezione.
E ci metto pure, "si parva licet componere magnis", i 40 giorni che il suo agiografo fa trascorrere a San Nilo nel 940 nel cenobio di San Nazario, dove fu tonsurato monaco.
Ma voglio ritornare alla ricorrenza, o festività, del Carnevale.
Essa affonda le sue origini nella notte dei tempi; ma, senza voler andare troppo indietro, mi preme sottolineare che il Carnevale ha due aspetti da rimarcare:
- l'uno legato alla natura e al trascorrere delle stagioni;
- l'altro al fatto che l'essere umano, normalmente condizionato nel suo agire dalle regole, ma anche dai pregiudizi e dai tabù della società in cui vive, ha bisogno talvolta di lasciarsi andare, di dare libero sfogo alle sue pulsioni, insomma di infrangere le regole di cui sopra.
Per quanto riguarda il primo aspetto, voglio ricordare un rituale che nella tramontata civiltà contadina si svolgeva l'ultimo martedì di Carnevale: il corteo delle maschere attraversava il paese recando su una finta bara un fantoccio costituito da un sasso di iuta riempito di paglia, che veniva bruciato sul finir della festa. La simbologia era semplice: il fantoccio rappresentava l'inverno, che stava per morire bruciato per far posto alla primavera.
Per il secondo aspetto bisogna far riferimento alle feste che si svolgevano nell'antica Roma (i "Saturnalia") e in Grecia (Le "Dionisie"). In entrambe (c'è da sottolineare il fatto che i "Saturnalia" si svolgevano dal 17 al 23 dicembre) ci si abbandonava alla baldoria (Dioniso era il dio greco della vite, del vino, che i Romani chiamavano Bacco), alle grandi bevute e mangiate, sconfinando spesso nelle orge.
C'è un detto latino che ben simboleggia questa festa ed è il seguente: "Semel in anno licet insanire", che, tradotto in italiano, fa così:" Una volta all'anno è consentito fare pazzie".
Anche questo secondo aspetto del Carnevale nelle nostre società occidentali non ha più alcun senso, in quanto in esse vi è la massima libertà in fatto di costumi e morale sessuale. Del Carnevale sono ormai rimasti come tratti tipici solo la maschera e il travestimento. Ma, come già ho sottolineato più volte, sotto tale profilo questa ricorrenza è solamente una metafora della vita, giacché tutti, in misura e forme diverse, portiamo la nostra maschera di ipocrisia e falso perbenismo. Il nostro Carnevale, insomma, ha luogo tutti i giorni. In una mia riflessione di qualche anno fa citavo, a tale proposito, una canzone degli anni '50, intitolata così:"La vita è un paradiso di bugie".
La parola "Carnevale", a livello etimologico-semantico, simboleggia molto bene anche la Quaresima, in quanto questa parola è una sintesi della frase latina "carnem levare", che significa "togliere la carne" ed è riferita al fatto che durante il periodo quaresimale occorre astenersi dal mangiare la carne il venerdì, il giorno della settimana in cui, come sappiamo, Gesù venne crocifisso.
La Quaresima ha inizio oggi, mercoledì delle Ceneri. Questa ricorrenza la Chiesa la celebra con una suggestiva cerimonia liturgica, durante la quale il sacerdote, mentre impone le ceneri sulla testa a ciascun fedele, pronuncia la frase latina: "Memento, homo, pulvis es et in pulverem reverteris", che significa: "Ricordati, o uomo, che sei polvere e polvere tornerai a essere".
Questo rituale me ne ricorda un altro, pagano e guerresco, che si aveva luogo nell'antica Roma. Durante il suo svolgimento un corteo formato dalle truppe vittoriose con alla testa il "dux triumphator", partendo dal Campo Marzio, entrava in Roma attraverso la Porta Triumphalis. Mentre la folla osannava il condottiero vittorioso, uno schiavo, standogli vicino, gli sussurrava all'orecchio la frase: "Respice post te! Hominem te memento!"= "Guardati dietro di te! Ricordati di essere un uomo!". Il significato è evidente: la gloria umana è effimera e illusoria.
Ma torniamo alla Quaresima.
Periodo di digiuno, abbiamo detto: ma soprattutto - aggiungo io - di penitenza, di profonde meditazioni, di raccoglimento interiore per fare il punto sulla situazione, per fare chiarezza dentro di sé, per dare un senso alla vita che, come dice Vasco Rossi in una sua bella canzone, sembra a volte non averne.