18 gennaio 2023

Quando si dice "classico"

di Walter Iorio

La relativamente recente apparizione del delizioso opuscolo del poeta partenopeo Carlo Vaino ha creato un precedente interessante nella trasposizione in vernacolo dei sentimenti, degli ideali, dello stile e, insomma, dell'universo poetico e umano di Saffo, arricchendolo di colori, sapori ed esperienze desunti dalla materia autentica del vissuto e dalle memorie giovanili del maturo epigono “parteno-ellenico”: la lettura dei suoi versi infatti ha già delineato una sua nuova direzione interpretativa.

È proprio vero: i classici non tramontano mai.

Essi infatti riverberano sempre atmosfere, sensi, colori e tante cose ancora all'occhio inquirente e alla sensibilità percettiva del lettore, quando questi si volgano al disvelamento di segreti custoditi nello scrigno dovizioso dell'esperienza lirica.

Non c'è pertanto niente di cui stupirsi se un'ode, pur molto antica, riviva nelle suggestioni individuali, nella genesi creativa e nelle rielaborazioni personali di artisti diversi, per i quali, nel corso della vicenda umana e nel progresso inarrestabile del tempo, il modello poetico antico operi da exemplum; e non c'è niente di cui stupirsi se, nella data stessa del 27 maggio 2021, in occasione cioè della premiazione dell'opera del dottor Carlo Vaino, odierno ma maturo epigono della musa eolica di Saffo, se ne presentasse, nei locali del suggestivo Real Yacht Club Canottieri Savoia in Napoli e in occasione di un'elegante cerimonia celebrativa, l'originale antologia lirica intitolata Saffo e Carlo gemelli in amore, Liriche in vernacolo al Rione Sanità, edita da De Frede, Napoli, 2019, in seguito al conferimento del premio Poesia Eterna da parte del Laboratorio Privacy Sviluppo, di Accademia Italiana per le Ricerche e di Accademia Europa per le Ricerche.

La pubblicazione dell'autore concittadino, infatti, intende inserirsi nel solco tracciato dalla tradizione monodica eolica del VII secolo a.C., cui lo legano, oltre che care reminiscenze liceali, precise analogie situazionali, condivise fenomenologie emozionali e, non di rado, similari opzioni lessicali.

Ma già la scelta del vernacolo quale espressione comunicativa, la diversità fonica della percezione acustica e l'impostazione “al maschile” del nuovo progetto poetico rivendicano intenzioni innovative piuttosto che riprodurre esangui e tecnicistiche imitazioni del modello saffico.

Le modalità, la logica e i richiami della dinamica poetica di Carlo Vaino hanno costituto di recente la materia appassionata di un magistrale intervento e di una acuta relazione della Professoressa Daniela Milo, docente di Lingua e Letteratura greca presso il Dipartimento di Studi Umanistici della Università “Federico” II Napoli, condotto con riferimenti tecnico-linguistici assolutamente puntuali e degni della luminosa tradizione universitaria campana e nazionale. Alla sua indagine comparativa non potevano infatti mancare allusioni a certe sonorità vocalico-consonantiche che, conformandosi ora similmente ora differentemente nell'eolico e nel vernacolo nostrano, contribuiscono alla delineazione di una percezione acustica e di una rappresentazione iconografica effettivamente originali e varie della comunicazione linguistica e dunque della significazione poetica.

Non potevano allora mancare un confronto parallelo sulla cosiddetta ode della gelosia (Saffo, fr. 31 V. = Carlo Vaino, Turmiento d'ammore), né un'indagine comparativa sull'incanto lunare che cattura lo sguardo sognante della poetessa (Saffo, fr. 34 V. = Carlo Vaino, 'A luna chiena) né una valutazione critica dell'idillio cretese (Saffo, fr. 2 V. = Carlo Vaino, 'O ciardino e 'll'ammore) né, infine, una meditazione simmetrica, o meglio speculare, su ciò che essa ritenga la cosa più bella (Saffo, fr. 16 V.= Carlo Vaino 'A cosa cchiù bbella). 

Poche liriche fra le altre disponibili nella raccolta vernacolare - ma forse le più pregnanti sul piano sentimentale e linguistico in ambedue le espressioni comunicative -sulle quali si distende, con coerenti argomentazioni semantiche e originali tesi ese-getiche, la ratio comparativa preposta alla disamina autoptica del testo antico e di quello nostrano.

Allora l'indagine della professoressa Milo scandaglia i versi fin nel sottofondo fonico del brano eolico e, ancor più di quello “parteno-greco”, diciamo pure, di Carlo Vaino, cogliendo mirabilmente nessi reconditi tra assonanze acustiche ed emozione lirica e si volge, all'esplorazione di un elemento, meglio, di un substrato animistico sotteso ai lessemi iconografici e comunicativi della versione moderna, come se un'energia magica, arcana, impalpabile, eppure avvertita, sostenesse o agitasse la parola lirica, conferendole suggestioni dinamiche, plastiche, cangianti, ma in pari tempo ineffabili per l'inadeguatezza, talvolta, della parola a esprimere compiutamente significati riposti al fondo della genesi emozionale e delle sue recondite scaturigini con la sola risorsa del significante.

E in più la lingua madre del poeta, sopravvivenza ormai residua di un'antica musicalità sopravvissuta fino ai primi anni del secolo scorso, rifugge dalle interferenze e dalle corruzioni dell'espressione odierna, nella quale l'italianizzazione di taluni pensieri o particolari termini è certamente, ormai, un fatto compiuto ma pure indizio di un depauperamento irreversibile della naturalezza di espressione; e si tiene lontana parimenti da barbarismi anglofoni subdolamente e surrettiziamente penetrati nel corpo della comunicazione quotidiana sotto la spinta ibridizzante e internazionalizzante della tecnologia, dell'economia e della finanza.

Proprio questa caratteristica acustica risponde alla genuinità della dizione del modello antico da cui parte il poeta moderno per la rappresentazione del suo mondo lirico e, con l'abbondanza di suoni vocalici non sempre chiaramente distinti della lingua partenopea, egli plasma il suo verso con gradazione cromatica di suono, conferendo a esso una  musicalità sua propria e riproducendo ora più ora meno similarmente l'armonia dell'endecasillabo saffico, pur nell'autonomia, non di rado, di opzioni lessicali differenti.

In questo modo, allora, “il testo della celebre poetessa Saffo - scrive la docente dell'ateneo federiciano - rivive nella forza espressiva e nella immediatezza comunicativa del vernacolo napoletano, pieno di colori, di suoni, di personaggi, di atmosfere, di passione. La struggente passione dipinge un arcobaleno di circa 2700 anni e viene riproposta con la stessa intensità espressiva delle liriche di Saffo, ma rivestita di una nuova linfa vitale, che ne perpetua l'eternità. I destinatari delle poesie di Saffo, inoltre, si condensavano nelle componenti del thiasos, nell'eteria femminile, consacrata alla dea Afrodite, e nell'ambito familiare. La traduzione in napoletano amplia questo orizzonte e i destinatari sono gli uomini di ogni tempo, in una straordinaria rivitalizzazione dell'antico”.

Il collante, però di tanta continuità di spirito e di sentimento sta tutto nella pienezza e nella concretezza del vissuto: un vissuto che, individuale e unico per sua intima natura, ora volge lo sguardo al passato ora si riflette nel presente ora, infine, si protende verso il futuro per le dinamiche personali stesse della vicenda umana e per le multiformi espressioni dell'esperienza esistenziale.

Ciò rende conto, infatti, del sapore profondamente umano della pagina lirica vainiana, che registra le sensazioni dell'hinc et nunc nel momento stesso del percorso materiale: e dunque senza alcuna mediazione retorica, senza alcun artificiale ornamento, poiché esse parlano al cuore del lettore con la voce sommessa ma reale e certamente orgogliosa di chi sa dare alle situazioni differenti del vivere i loro nome e cognome.