15 dicembre 2022

Eustachio il drastico

Ottavo capitolo del libro "Tra una pizza e l'altra"

di Pasquale Carelli

Se vi state chiedendo chi sia questo Eustachio che ci ha chiarito il fatto del contrabbasso, vi dico subito che è un professore di lettere al liceo classico, e vi dico subito che è anche un drastico.

Io penso che pure ad Eustachio il nome che tiene gli gioca un brutto scherzo: oggi, chiamarsi Eustachio è come fottersene altamente del progressismo, il quale si vendica facendola pagare cara a chi se ne va in giro con un tale anacronismo scritto sulla carta di identità.

Se poi, al nome che tiene, aggiungiamo anche il fatto che, per promuovere gli studenti a fine anno, Eustachio pretende addirittura che abbiano studiato le sue materie, ci spieghiamo perché si trova in continuo contrasto con il preside, con i colleghi, col personale non docente e pure con quel povero disgraziato che, per campare, vende  gli spinelli davanti alla sua scuola.

Insomma, è come se Eustachio si fosse messo di traverso sulla strada (se non addirittura sull'autostrada) che conduce l'Italia verso il suo futuro. Perciò, non è difficile capire perché ad odiarlo più di ogni altro siano i genitori degli studenti, i quali si considerano le vittime principali della sua drasticità.

Tanto è vero che l'anno passato Eustachio finì addirittura in tribunale, denunciato da un padre perché al figlio era venuto l'esaurimento nervoso in seguito alla bocciatura.

Alla causa ero presente pure io: ci andai per solidarietà, però in incognito.

Mi ricordo che il giudice, a un certo punto, chiese ad Eustachio: "Lei riconosce che l'allievo si è preso un esaurimento nervoso ed è stato costretto a ricorrere alle cure mediche per colpa della sua troppa rigidità come insegnante di lettere?"

"Certamente no!" rispose secco Eustachio, con lo stesso tono, come se fosse stato anche lui un magistrato togato.

"E perché?"

"Ma perché una diagnosi del genere è assolutamente impossibile se riferita all'allievo in questione."

"Adesso vorrebbe giudicare anche l'operato del dottore?" fece il giudice alzando la voce. "Allora, secondo lei, il certificato medico sarebbe falso?"

"Non ho detto che il certificato del medico sia falso," gli rispose Eustachio. "Ma è la diagnosi che è sbagliata!"

"E mi vuole spiegare perché?" gli chiese ancora il giudice, che cominciava a farsi paonazzo come la copertina del Codice Civile che aveva davanti.

"Perché le posso mettere per iscritto, e prove alla mano, che il cervello dell'allievo in questione è impermeabile e inviolabile," dichiarò Eustachio, alzandosi anche in piedi.

"E che significa?" esclamò il giudice, con gli occhi iniettati di sangue.

"Significa che il cervello in questione è incapace di accogliere non solo qualsivoglia nozione di latino e greco, ma anche qualsivoglia esaurimento nervoso: malattia che, non potendo penetrare nel suo cervello, l'allievo non può assolutamente contrarre."

Fu questa la risposta di Eustachio, il quale concluse dicendo: "Parola-d'onore-vostro-onore!... e perdonate la cacofonia."

Già sarebbe bastata tale impertinente spiegazione (culminata nella cacofonia) perché il giudice si sentisse più che sfottuto.

Ma successe pure che, quando noi presenti in aula cominciammo a ridere e il magistrato, livido in faccia, afferrò il suo martelletto di legno per farci smettere, questo gli sfuggisse dalle mani tremanti di rabbia, mettendosi a rimbalzare allegramente sul pavimento  dell'aula.

Parola d'onore: a noi tutti sembrò che pure il martelletto di legno, saltellando in quel modo, volesse sfottere il Vostro Onore.

Nessuna meraviglia se Eustachio venne condannato dall'uomo di legge, al quale poco mancò che la sua scatola cranica accogliesse ed ospitasse non un esaurimento nervoso ma un ictus cerebrale.

Non solo la magistratura, ma anche la stampa locale sentì il dovere sociale di condannare un tale insensibile docente con un circostanziato articolo in terza pagina.

Eustachio mi portò il giornale in pizzeria, ordinandomi: "Leggi e trema!"

Gli ubbidii ma senza tremare, e lessi ad alta voce il titolo: "Professore-di-lettere-troppo-esigente-condannato-per-aver-traumatizzato-un-allievo..."

Volevo leggere pure il resto, ma Eustachio esclamò: "Basta così!"

Mi strappò il giornale di mano, mi guardò con le lacrime di rabbia negli occhi e mi fece: "Ma tu hai capito dove siamo arrivati in Italia?"

"Hai ragione ..." gli risposi. "Io credo che sia un errore..."

Ma lui non mi fece concludere la frase (con la quale avevo intenzione di dire che la sua condanna mi sembrava ingiusta e inopportuna), perché, sventolando in aria il giornale, urlò: "Credi che sia un errore?!... Tu dici: io credo che sia un errore?... Ma è un errore!... e di quelli inammissibili!... da bocciatura!"

A questo punto, Eustachio cacciò dal taschino la sua matita mezza rossa e mezza blu (quella che usa per correggere i compiti), e cominciò a sottolineare ripetutamente e freneticamente una delle parole nel titolo dell’articolo.

Poi, col giornale in mano, si fece il giro dei tavolini; ad ognuno lo mostrava e diceva: "Avete capito dove siamo arrivati in Italia?... adesso, sui giornali, scrivono esiggente... con due gi .... ma voi lo avete capito dove siamo arrivati, in Italia? ..."

Si fece il sangue amaro per niente, perché tutti continuarono a mangiarsi la pizza, e della fine che aveva fatto l'Italia (e soprattutto l'italiano) nessuno se ne fotteva.

Solo Dante rimase come impressionato da quello che stava succedendo, quasi che la cosa riguardasse anche lui. Scosse il capo, mi venne cautamente vicino e mi domandò sottovoce se esigente si scriveva veramente con una sola gi.

Io, pur nutrendo ancora qualche dubbio in proposito, gli risposi lo stesso con estrema convinzione: "E si capisce!" Poi, guardandolo dall'alto in basso e dal basso in alto, aggiunsi: "Sappi, caro il mio Dante, che, per quanto riguarda la lingua italiana, Eustachio non si sbaglia mai: è proprio per questo motivo che lo hanno condannato."

Allora, Battista si intromise e disse: "Vabbè', ma Eustachio è pure un pignolo che non finisce mai... il brutto era se la parola si scriveva con due gi e sul giornale l'avevano scritta solamente con una gi!"

"E perché?"

"Ma perché lo dice pure il proverbio: è meglio abbondare che essere deficienti!"