Oggi abbiamo il privilegio di intervistare un grande napoletano, il chitarrista, arrangiatore e direttore d'orchestra Maurizio Pica, uno tra i maggiori Maestri italiani, molto noto ed apprezzato anche all'estero, sia in Europa, sia negli Stati Uniti d' America, dove è anche vissuto per alcuni anni.
Considerata la sua lunga esperienza nel campo musicale trova che i cambiamenti attuali di proposta e stile siano da considerarsi segno di crescita espressiva?
Penso proprio il contrario. Mi riferisco in particolare alla forma canzone che per suo divenire incrocia due anime quella dell’autore del testo e del compositore. Da circa cinquanta anni e più si assiste ad un impoverimento dei contenuti testuali e compositivi nonché della scarsa qualità degli interpreti che oggi, più che cantanti, possono ritenersi “parlanti”. La canzone nella sua struttura formale spesso perde il ritornello per rappresentarsi con un ossessivo “loop” ritmico sul quale si accavallano quantità di parole simili a sermoni. La poesia di Tenco, Paoli, Lauzi (solo per citare alcuni degli autori italiani), cantanti come B. Straisand, F. Sinatra, la musica dei Beatles di James Taylor è andata smarrita, tutto resta travolto dal rumore metropolitano, dalla pressione dell’industria discografica e dalla multimedialità (visivo/uditivo) senza della quale la forma attuale perderebbe certamente forza comunicativa. Una volta la musica si ascoltava solo e ciò provocava emozione ed immaginazione.
Alcuni anni fa, lei fu chiamato dall'Italia per dirigere dal vivo un grande concerto al Radio City Hall di New York con ospiti internazionali del calibro di Anastasia, Liza Minnelli, etc. e come protagonista Gigi D' Alessio. Che ricordo ne ha?
La prima cosa che ricordo del teatro in New York è la sua grandezza, ha una capacità di quasi 6000 posti a sedere pertanto può ritenersi il teatro al coperto più grande del mondo. Il palco mi sembrava immenso, si aveva la sensazione di sentirsi piccoli e smarriti. Ho apprezzato da subito la bravura sia dell’orchestra che delle maestranze ed ovviamente la grande professionalità degli interpreti che con una sola prova (dati gli alti costi da sostenere in terra Statunitense) hanno offerto un grande spettacolo ripreso e tramesso da Rai1.
Tra i tanti grandi nomi della Canzone italiana, con i quali ha interagito nell'arco della sua carriera, ne ricorda qualcuno con particolare piacere?
Ricordo tutti con piacere: Paoli, Ron, I. Spagna, R. Murolo, L. Sastri solo per citarne alcuni perché da ognuno si impara qualcosa e imparando si migliora.
Quali ricordi conserva delle sue applaudite incursioni al Festival di Sanremo?
Del Festival di Sanremo ricordo la fretta e la confusione dentro e fuori il teatro Ariston. In occasione della mia ultima partecipazione con Ron nel 2014 non avemmo il tempo, per cattiva ottimizzazione oraria, per provare prima dell’esibizione live. Fortunatamente altre prove musicali si erano fatte con anticipo per tutti gli artisti a Roma presso i teatri di Cinecittà.
È vero che i suoi multipli interessi artistici non le hanno fatto, però, maitrascurare l’universo della canzone napoletana nella sua più ampia accezione?
La canzone Napoletana ha una storia documentata che va dal 1500 con le prime forme dette Villanelle fino a Pino Daniele, cinquecento e più anni di gloriosa storia compositiva. Un musicista che nasce a Napoli è fortunato ha nel suo corredo genetico la musica. Ho approcciato la canzone della città quasi da subito perché il mio papà per diletto cantava e in casa sentivo i motivi più celebrati dalla sua voce e poi il mare… Essendo nato a Mergellina quartiere limitrofo a quello di Posillipo non potevo non sentire i suoi echi, il mare ha la sua musica per chi la sa sentire. Amo però della canzone Napoletana quella che è traversale che coinvolge emotivamente tutta la città ovvero non quartierizzata, per intenderci, non amo il neo-melodismo.
Può fare cenno alle sue collaborazioni artistiche con Roberto Murolo?
Ho collaborato con Roberto Murolo per molti concerti in qualità di chitarrista dagli anni ’90 fino alla sua scomparsa e sono stato arrangiatore del lavoro discografico Anema e Core che Roberto registrò in duetto con la indimenticata Amalia Rodriguez. Di lui ricordo la semplicità del canto, la grande attenzione al racconto dei testi (qualità che certo gli derivava dall’esser figlio del grande poeta Ernesto) e la bellezza del suo timbro vocale, quasi che al di là della sua stessa voce, tutto fosse superfluo. Ho imparato a minimizzare l’accompagnamento per essere al servizio del racconto, rinunciare ai “personalismi” è grande dote per un musicista…
Sempre in tema “Canzone Napoletana” ha realizzato la splendida raccolta di brani "Dal 500 all' 900"in 12 cd per il cantante Carlo Missaglia. Ce ne vuole parlare?
Il lavoro, pubblicato sia discograficamente che a stampa dalla casa editrice Ricordi, è stato frutto di un’impegnativa ricerca in biblioteche anche estere da parte di C. Missaglia e ciò ai fini dell’ampliamento del repertorio relativo a questo genere musicale. Per me è stato particolarmente affascinante, interessante ed anche difficile il lavoro di ricostruzione e adattamento delle partiture originali antiche frutto della scrittura di grandi musicisti che hanno contribuito direttamente o indirettamente a dare prestigio alla nostra canzone: Orlando Di lasso, Pergolesi, Paisiello, Vinci.
Lina Sastri non ha mai nascosto la sua ammirazione e gratitudine per i suoi arrangiamenti musicali che hanno anche contribuito ai suoi grandi successi nelle principali città del mondo. Che sentimento ne prova?
Mi sembra un po’ troppo parlare di ammirazione e gratitudine, per lo più tra noi c’è stata e c’è ancora complicità musicale nel senso di condivisione di un percorso ormai esistente da molti anni.
Lina è una grande attrice e canta con forte partecipazione emotiva e impostazione naturale.
Anche da lei ho imparato tanto. La musica è certo arte autonoma ma, per i suoi spettacoli teatrali, concorre al racconto complessivo, ne consegue che gli arrangiamenti di fatto sono ideati ed orchestrati per essere colori funzionali alla narrazione. Per me lavorare con Lina è motivo di costruzione di un prodotto musicale “sui generis” che ulteriormente arricchisce le competenze del mio ambitus professionale.
Cosa ci dice dei lavori discografici realizzati come solista?
Ho inciso a mio nome il cd “Ovest” pubblicato per la Edi record e ed ancora il disco del titolo “Il mandolino autori del’700” condiviso con il bravissimo mandolinista Nunzio Reina. Anche quest’ultimo lavoro è stato frutto di ricerca di manoscritti originali presso la biblioteca nazionale di Parigi e riferito per lo più agli autori minori del ‘700 Napoletano.
La mancata sensibilità dell’industria del disco verso prodotti di taglio culturale a carattere strumentistico non consente purtroppo di lavorare in questa direzione.
Tra i numerosi successi della sua carriera di direttore d'orchestra, nessuno potrà mai dimenticare le quattro edizioni televisive di “Io canto” condotte dal presentatore Gerry Scotti. Ce ne fa un accenno?
Dei miei 50 anni di carriera professionale almeno due terzi sono trascorsi in modo alternato tra Roma e Milano, per collaborazioni televisive con i più importanti network italiani come Rai e Mediaset. Ho assunto ruoli di chitarrista solista, arrangiatore, maestro sostituto e direttore d’orchestra. Sicuramente di maggiore responsabilità è stata la gestione come direttore musicale delle quattro edizioni del programma Mediaset denominato “Io canto” così come i tre speciali di Natale “Io canto Xmas” con ospiti di rilievo internazionali come Michael Boublé, David Foster, Lara Fabian.
Il lavoro fatto per la televisione è contraddistinto da grande responsabilità specie per i programmi eseguiti in diretta, tutto deve funzionare alla perfezione e, per avere buoni risultati, ci deve essere una squadra altamente professionale e tutto deve realizzarsi in tempi molto stretti. Quando la televisione “chiama” bisogna affilare le armi...
Quale futuro lei ipotizza per la musica?
Il futuro della musica è in stretta connessione con la formazione e con politiche che saranno intese al riguardo per la stessa. In Italia lo studio della musica è regolato in modo errato, gli sforzi legislativi di affiancamento alle linee dell’istruzione Europea, hanno creato solo ulteriore disordine nell’apprendimento di questa disciplina. Qualcuno sostiene che la trasmissione dell’evento sonoro inizi già in fase di gestazione, anche se questo non è ampiamente dimostrato, sarebbe auspicabile che almeno cominci nella scuola dell’infanzia ed a seguire con la primaria ma ciò di fatto non avviene e nei Conservatori, con la logica dei crediti e la quantità di materie inutili, le cose vanno ancora peggio. Quando mi sono diplomato in chitarra il corso, regolato dal vecchio ordinamento, in 10 anni prevedeva sostenere 6 esami (3 di cultura e 3 di strumento), oggi con il nuovo ordinamento 6 esami si sostengono in un mese, faccia lei un po’ i conti …