21 settembre 2021

Circa le chiese della parrocchia di Palinuro

di Giovanni Cammarano

La ricerca delle testimonianze storiche, le indagini sui cimeli, sugli edifici del passato, sulle tradizioni sono opere meritorie che assicurano dignità al presente e offrono la possibilità di un futuro più assennato. Per questo vi dedichiamo impegno e godiamo nel conoscerne le vicende, forse anche perché questa conoscenza ci allontana dalle tribolazioni del presente e ci tuffa in un tempo ormai andato che ci pare più sereno, meno aspro, un tempo ormai lontano dove tutto appare più bello. Già l’aggettivo “antico” o la descrizione “...di una volta”, ci suggestionano e spesso riassumiamo: “com’era bello quando stavamo peggio”.

E così una chiesetta edificata alla fine dell’Ottocento, dalla forma di parallelepipedo di m 10x6, coperta da due falde di tegole, che poteva ospitare non più di poche decine di persone e che occupava quasi tutto lo spazio antistante tracciando via S. Maria con una esse, viene ricordata con rammarico. Certamente non si dà preminenza a quell’architettura semplice e povera inventata ra cucchiara ru capo masto. Con tutto il rispetto per quell’attrezzo, a cucchiara, che ha edificato pezzi di memoria entrati nella tradizione, in quella tradizione spesso persa e di cui ci si rammarica.

Ricordo quella chiesetta, ricordo le statuine, alcune danneggiate, poste su sedie malferme appoggiate alle pareti. Ma chi guardava nella sfera di cristallo, scorgeva nitido il futuro di Palinuro: il turismo; quello del Club, quello dei grandi alberghi, quello dell’affluenza di turisti stregati dal toponimo che sapeva di leggenda: Palinuro. Costui immaginava spazi più ampi, una piazza, un tempio capiente e possibilmente circolare, un complesso parrocchiale con annesso teatro, ora purtroppo andato perduto; quanto ci manca il Teatro in piazza.

Nel 1959 si avviavano i lavori dell’edificio sacro voluto dal popolo, sostenuto dalle autorità, agevolato nell’acquisizione degli spazi da proprietari disponibili, avanzato nella concezione. L’architetto, procurato e pagato dall’EPT, disegna una tenda, come quelle diffuse nei numerosi camping locali. Se l’idea, nei princìpi, la dettava il finanziatore e cioè il Ministero competente, e il dettame voleva un tempio in arte moderna, l’idea nel concreto fu dell’architetto Oristano e fu metafora più profonda che una tenda da camping; alludeva infatti alla dimora di Dio in terra (Esodo, cap. 40, vv. 18-19) fortificata nel vangelo di Matteo (cap. 17, v. 4): “E Pietro prese a dire a Gesù: Signore, egli è bene che stiamo qui; se vuoi, farò qui tre tende: una per te, una per Mosè ed una per Elia.

Altro che panettone e pandoro.

I circa ventotto anni che trascorsero per la definitiva inaugurazione del complesso parrocchiale furono, è stato scritto, un calvario di preoccupazioni, di mortificazioni e di decisioni a volte inderogabili. Del tipo: sarà sopportabile per la comunità la manutenzione di due chiese? Sarà opportuno che il sagrato della chiesetta sporga sulla carrabile? Può Palinuro continuare a negarsi una piazza? E chissà quanti altri interrogativi che ora non ci poniamo e non possiamo porci perché non contestualizziamo. Mi ripeto, è bello ricordare il passato, ma è arduo muovere facili critiche senza comprendere le motivazioni e gli obiettivi che si proponevano all’epoca.

Ma tutto è bene quel che finisce bene. La piazza c’è anche quest’anno, il complesso parrocchiale rivive una diversa funzionalità e una nuova e gradevole estetica, il Virgilio in piazza sormonta i suoi sponsor.

19 settembre 2021

Giovanni Cammarano