Oggi 17 marzo 2021 ricorre il 160° Anniversario dell’Unità d’Italia.
Il 17 marzo 1861 avvenne infatti la proclamazione del Regno d’Italia, il che significa semplicemente che il Piemonte, o meglio il Regno di Sardegna, cambiava nome in seguito all’invasione e l’annessione di uno Stato sovrano, il Regno delle Due Sicilie, con la connivenza e l’aiuto dell’Inghilterra e della massoneria mondiale.
La completa unificazione del territorio nazionale era però ben lungi dall’essere completata. Nel 1866 vennero annessi il Veneto e la provincia di Mantova, nel 1870 il Lazio, cioè lo Stato della Chiesa, e nel 1918 il Trentino-Alto Adige e la Venezia Giulia, alla fine della Prima guerra mondiale, che è considerata l’evento che completò l’unità nazionale, grazie alla sconfitta dell’Impero Austro Ungarico.
E allora perché festeggiare proprio oggi? Facile: era stato annesso lo Stato più progredito e avanzato dell’epoca, l’unico Stato dell’”espressione geografica italiana” (per dirla con le parole di Metternich) degno di sedere nel consesso internazionale delle grandi potenze dell’epoca. Certo l’Inghilterra aveva dato una mano pesante, non proprio per favorire il piccolo Regno di Sardegna, ma per allargarsi nel Mediterraneo, che sarebbe diventato strategico con l'apertura del canale di Suez, e per favorire i propri interessi nelle miniere di zolfo siciliane. In questi campi una potenza come il Regno delle Due Sicilie era un ostacolo da abbattere a tutti i costi. E quindi non si ebbe alcun ritegno e nessuna vergogna a servirsi come fantoccio di un delinquente in camicia rossa come Garibaldi e dei suoi mille scherani, diventati presto più di centomila con le iniezioni di truppe più o meno sarde e più o meno clandestine.
E non si ebbe nemmeno vergogna a limitarsi a conquistare territori senza preoccuparsi di unificare gli ITALIANI. Che dopo 160 anni non sono ancora uniti! Basti ricordare delle amenità, come quelle degli interpreti di cui si servivano gli ufficiali sabaudi per interrogare i cosiddetti briganti meridionali.
Non ci si preoccupò di amalgamare le lingue e tanto meno le culture.
Eppure, il giurista milanese Carlo Cattaneo, nato nel 1801, che nel 1848 aveva partecipato anche ai moti risorgimentali della Cinque Giornate di Milano, ben conscio delle enormi differenze sociali e culturali delle diverse regioni italiane, aveva delineato un'Italia federale, che sarebbe dovuta diventare parte dei futuri Stati uniti d'Europa. Una visione di una lungimiranza e di una limpidezza eccezionale, adottata in parte nella moderna Germania, che nacque proprio come una federazione di Stati.
Purtroppo da noi non fu così: non avevamo gli uomini adatti, anche se i loro nomi (come continuo a dire da tempo) infestano le nostre strade e le nostre piazze. Per capire l’atteggiamento con cui fu gestita l’annessione, basti ricordare che uno di questi, Vittorio Emanuele II Re di Sardegna, quando proprio il 17 marzo 1861 divenne Re d’Italia, non si pose nemmeno il problema di cambiare il suo numero da II a I, come sarebbe stato logico e normale. Così aveva fatto per esempio Ferdinando IV di Borbone, che quando nel 1815 il suo Regno cambiò denominazione da Regno di Napoli a Regno delle Due Sicilie, diventò Ferdinando I.
Ma si trattava di altri personaggi.
Più che come Anniversario dell’Unità d’Italia, la data odierna dovrebbe essere considerata come anniversario della nascita della Questione Meridionale. Se ne era accorto già 122 anni fa lo storico Giustino Fortunato, che il 2 settembre 1899 inviò una lettera a Pasquale Villari, storico e senatore del Regno, in cui denunciava quella che sarebbe più gusto chiamare non “Unità”, ma “Malaunità”. Ne riportiamo di seguito qualche passo.
«Ancor oggi si afferma che l'unificazione avvenuta tra il 1860 e il 1870, per quanto non certo esemplare, fu inevitabile in quanto l'unica storicamente possibile. È la solita presunzione di trasformare il fatto compiuto in diritto acquisito. La cosiddetta unità d'Italia non fu una vera unione politica, ma fu una mera unificazione statale. (... una unione politica avviene quando le sue potenziali componenti si infeudano o si federano con un patto intorno a un'autorità riconosciuta come superiore — per motivi di prestigio 0 di potenza — alla quale affidano il potere supremo. In questo senso, tra il 1861 e il 1870, tra i popoli italiani non è stata fatta una vera unione ma una mera unificazione, 1a quale non ha creato una società vitale e organica ma ha solo prodotto qualcosa di artificiale, meccanico. In concreto, fu un'impresa d'invasione, conquista e annessione fatta dallo Stato militarmente più potente e diplomaticamente più influente — quello sabaudo — ai danni degli altri Stati italici, alcuni dei quali più antichi, ricchi e prestigiosi.»
«In concreto, l'unità d'Italia è stata fatta separando, ed anzi opponendo, le sue necessarie componenti: ossia l'Italia e la Chiesa, l'élite e il popolo, la Patria e lo Stato, il Nord e il Sud.»
«La concezione liberale dello Stato calzava a pennello con le nuove strategie mafiose. Durante l'avanzata di Garibaldi, subito dopo le razzie delle casse comunali e dei beni dei non allineati, il comando passava ai "picciotti", i garibaldini siciliani composti nella quasi totalità da "squadriglieri" e "campieri" della mafia locale.»
«Rastrellamenti, bombardamenti, fuoco e fucilazioni indiscriminate e sistematiche misero fine ad ogni rivolta, ad ogni parvenza di opposizione,
anche di parte liberale, anche di parte filosabauda.
Su una popolazione di sette milioni di abitanti in pochi mesi le vittime
sfiorarono le 700 mila unità; gli arrestati in attesa di processo arrivarono a 500mila. I superstiti delle stragi furono imprigionati oppure allontanati dai loro paesi di origine per fare posto ad altri deportati provenienti dai circondari vicini; intere comunità che avevano cercato scampo con la fuga, al loro ritorno furono respinte e costrette a riparare in località amiche o, in alcuni casi, a diventare nomadi.»
«L'Unità d'Italia è stata, purtroppo, la nostra rovina economica. Noi eravamo, nel 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L'unità ci ha perduti. E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all'opinione di tutti, che lo Stato italiano profonde i suoi benefici finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che nelle meridionali.»
Vi sembra che in questo secolo e rotti le cose siano cambiate? Non credo, anzi sì: esse sono peggiorate.